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Luca Fol: un dandy di altri tempi

Io sono meno inglese di thèè il primo disco in italiano per Luca Fol, polistrumentista riminese. Un lavoro che dimostra una maturità e una consapevolezza non comuni

Quando pensi di collocarlo in un quadretto a metà fra Jarvis Cocker dei Pulp e un moderno Oscar Wilde, ecco che Luca Fol smonta ogni pregiudizio. Il titolo dell’album “Io sono meno inglese di thè” sta a dimostrare tutta la consapevolezza di un ragazzo nato in Italia. E di questa bella penisola lui canta in questo disco. Dall’educazione alla consapevolezza di sé, dalla morale che è sempre la stessa. Luca Fol è fiero del suo viaggiare. D’altronde romantici nel mondo dei rifiuti siamo un girasole.

Chè io non uscirei, anche per negligenza, con la minima macchia sul cor, sulla coscienza.

Con la testa non alta, o con l’onor gualcito o con un qualche scrupolo non troppo ben pulito.

Io  vò senza che nulla in me non splenda, senza ombra; e sono mio pennacchio franchezza e indipendenza.

Tengo la schiena dritta  e prestante il mio petto e l’anima raddrizzo come in un corsaletto (Cirano di Bergerac – Edmond Rostand)

Realizzato fra luglio del 2020 e marzo di quest’anno, con “Io sono meno inglese di thè“, Luca Fol si è avvalso della collaborazione di musicisti che hanno saputo tracciare il filo del suo percorso. Il risultato è un equilibrio fra sonorità elettroniche e un solido impatto rock. La matrice è chiara fin dai primi brani. Echi di Bluevertigo inPoeta“, il Battiato periodo “L’imboscata” e Gommalacca in Oro Bianco“, “Aspettare“, “Piccole Ossessioni“. Le aperture melodiche di “Brenso Magnifico“, l’art rock quasi cupo diInetto” magnifico pastiche di parole libere e controtempi, la dolcezza de “La tua esigenza”. “Spirale” è perfetta nella sua classica forma canzone.

Una chiara identità

Ne “Io sono meno inglese di thèLuca Fol definisce la sua identità. Mette a punto la sua visione del mondo, l’accettazione della realtà vista dalla sua sensibilità. Un’accettazione non passiva, una capacità di leggere le contraddizioni cercando di preservare se stessi. Schiena dritta come il Cirano citato sopra, Luca Fol è alla ricerca di un equilibrio interiore, un centro di gravità permanente per citare Battiato. Quell’equilibrio, a nostro avviso, sembra averlo trovato in questo disco dal respiro ampio, da una freschezza e un’energia in movimento. Riferimenti stilistici che si fondono melodie e ritmi pulsanti, tastiere synth che danzano col rock.

Luca Fol è un personaggio già a fuoco. Uno sguardo che esprime voglia di orizzonti ampi e non scontati, una magia che diventa stile unico e caratteristico. Fatevi un giro in questo album, in questo affresco delicato e a tinte forti di un animo gentile come il suo. La carezza e lo schiaffo di un dandy che si sente italiano ma per fortuna o purtroppo è molto meno inglese di noi.

a cura di
Beppe Ardito

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