Evandro: “Quello che ti fa stare bene è la crescita”
Venerdì 11 marzo è uscito il primo EP del cantautore romano Evandro, astro nascente dell’itpop italiano
All’interno di questo EP introspettivo sono presenti 6 tracce dalla scrittura ironica, sagace e talvolta irriverente, caratteristiche tipiche di Evandro. Qui, racconta non solo sé stesso, ma tutta la sua generazione, tra le paure e le contraddizioni dei giovani.
Classe 2001, Evandro è un cantautore di Roma che inizia scrivere le sue prime canzoni a 17 anni. Prima artista di strada, poi concorrente del talent “Amici” di Maria de Filippi, il cantautore è conosciuto per singoli come Guacamole e Roma centro, quest’ultimo ha avuto molto successo tra i fan.
Il suo progetto discografico, però, ha inizio nel 2021 con l’uscita del singolo Tudo bem? e la sua carriera prende il via con il suo primo concerto sold out al Largo Venue di Roma. Tra le sue influenze musicali sono presenti Little Joy, Bob Dylan, Giorgio Poi e tanti altri artisti della scena contemporanea.
Tutti i brani dell’EP sono prodotti da Evandro, con la partecipazione di Marta Venturini, Goldenyears e Matteo Domenichelli.
Una delle scene che può capitarvi di vedere a Roma è quella di un gabbiano che tenta di strappare a morsi un sacco della spazzatura. Arrogante, determinato, insensibile a persone o ad altri volatili e con gli occhi che esprimono un solo, semplice e primitivo concetto: tutto. Io voglio tutto
Evandro
Noi di Posta Indipendente abbiamo deciso di intervistarlo per voi, ecco cosa ci ha raccontato!
Ciao Evandro, grazie per l’intervista e benvenuto su Posta Indipendente. Parto chiedendoti, visto che venerdì sera hai presentato il tuo primo EP Tutto al Dumbo a Bologna, come ti sei sentito davanti alla reazione del pubblico? Come è stato esibirsi live in una città così importante per te?
Ciao, grazie a voi. Ah, per me è stato formidabile, a prescindere da tutto perché Bologna è la città del mio cuore, per cui suonare a Bologna è stato unico. Poi il pubblico, sì l’accoglienza è stata al di là delle aspettative, molto positiva, per cui sono stato contento di venerdì sera. Ci siamo divertiti!
Come mai hai scelto di presentare un EP, decidendo quindi di escludere singoli usciti in passato come Guacamole o Roma Centro, invece di fare uscire un album e includendo anche altri pezzi? Volevi dare un taglio netto con il passato?
Umm, più che altro diciamo che era un nuovo capitolo, no? Cioè secondo me era importante fare un progetto nuovo. Quelle erano delle canzoni che avevate già sentito, per cui tanto vale sentirne delle nuove. In più, l’album sarà un progetto ancora più approfondito e introspettivo e vorrei lavorare in modo diverso, dargli uno spessore diverso, per cui pensavo che fare uscire un EP fosse la formula migliore per adesso.
L’EP alterna sonorità allegre e temi leggeri, ad esempio “Massì massì”, a canzoni dal significato più profondo come “Nodo alla gola”, ma qual è il filo conduttore? Che cosa ci racconta l’EP?
Di base racconta dei momenti salienti, cioè sono sei fotografie degli ultimi due anni della mia vita. Sono sei momenti diversi legati a periodi ben definiti, come appunto la quarantena o il post talent; quindi, diciamo che il filo conduttore è quello: la persona che scrive. Diciamo che è un progetto più fotografico, però mi faccio anche qualche domanda su quello che mi succede attorno, per cui penso che sia un lavoro in cui anche esterni si possano ritrovare senza che sia troppo chiuso.
Sappiamo che prima della tua esperienza ad Amici eri un artista di strada, ti va di raccontarci qualche aneddoto?
Una volta ero a Bologna, stavo suonando per strada, tra l’altro quel giorno feci tantissimi soldi, tipo in mezz’ora 36 euro, non so per quale motivo, probabilmente perché ero vestito veramente male e facevo ridere. Ad un certo punto incontrai Calcutta per strada che vide che lo avevo riconosciuto e mi [ride] non lo so, fece un’espressione come per dire “non mi rompere, non venire qua”, capito? Probabilmente perché a quei livelli all’epoca ne aveva già abbastanza dei fan accaniti che lo fermavano per strada [ride]. Per cui sì, è stato un incontro molto ambiguo, molto inaspettato. Però suonare per strada era molto figo devo dire, una gran cosa.
Rimanendo in tema, come pensi che la pandemia abbia influenzato la musica? In particolare, come pensi abbia penalizzato questa categoria di musicisti?
Mah, penso che la pandemia abbia avuto un impatto su tutte le professioni. Chiaramente fare l’artista di strada senza gente in strada, senza poter scendere in strada, non è l’ideale. Poi dipende, ho conosciuto artisti di strada che lo facevano per il puro gusto di farlo e altri che invece lo facevano proprio per mantenersi, chiaramente il livello era diverso. Per esempio, però, ho conosciuto uno qua a Roma che aveva anche guadagni alti, insomma cospicui, e lo faceva come lavoro, per cui penso che la pandemia gli abbia dato una bella botta.
Per quanto mi riguarda, la pandemia è stato un periodo molto ispirato dal punto di vista della scrittura, però dal punto di vista del resto, del lavoro, è stato un enorme palo in faccia [ride] eh, va beh, daje.
Una domanda che mi piace spesso fare è: se non fossi musicista, che lavoro faresti?
Oddio! Penso, non so, forse farei o qualcosa legato allo studio degli uccelli, tipo l’ornitologo, oppure penso che andrei in giro per il mondo a caso [ride]. Non lo so, a me piace molto la vita dei traveller, quelli che partono, vanno e non tornano. Mi interessa molto quello stile di vita, però adesso c’è la musica quindi daje, restiamo nella civiltà e sottostiamo alle regole insomma [ride].
Per concludere ti chiederei di dare un consiglio a chi, come te, affronta la sua prima esperienza musicale o comunque il suo debutto nella scena musicale.
La migliore cosa che mi sento di dire nella mia posizione di artista emergente è di mirare alla crescita perché è la cosa che da più soddisfazione in assoluto, cioè se ricerchi anche soddisfazione da questo lavoro non ti puoi mettere sui numeri, sugli incassi o sull’approvazione perché in realtà ti danno un 20% di quello che cerchi davvero. Quello che ti fa stare bene è la crescita in ambito artistico o per lo meno per me è così. Se rivedo l’Evandro di due anni fa che scriveva dei pezzi terribili e poi vedo quello di adesso che insomma è cresciuto, non dico che adesso scriva delle hit, però è cresciuto, quello è ciò mi da più soddisfazione.
Quindi sei soddisfatto di quello che stai facendo?
No, va beh, questo è un parolone. Sarebbe una cosa terribile se fossi soddisfatto. La contentezza non è movimento, è staticità; per cui, meglio essere scontenti e continuare a crescere, penso.
Sì, è una bella filosofia. Grazie di essere stato con noi. Alla prossima!
Grazie a voi, mi ha fatto proprio piacere. Daje, statemi bene, un saluto!
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a cura di
Giulia Focaccia