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Tommaso La Notte: La fine del Capitalismo e i progetti che “salvano la vita”

La solitudine della notte come fonte d’ispirazione

Ognuno di noi ha un momento che preferisce nella giornata, il cantautore pugliese Tommaso La Notte preferisce la notte, guarda caso. Ironia a parte, lo abbiamo contattato dopo aver ascoltato il suo nuovo singolo “La fine del capitalismo“, prodotto da Alessandro Grasso e Molla (Luca Giura) per Auand Records, distribuito da Pirames International. Come riprendersi da una delusione, dalla fine di una storia? Immergersi nei propri progetti, “salvano la vita”, è questa la soluzione offerta da Tommaso nel nuovo singolo. Un pop interessante il suo, “notturno” per citare il titolo del primo album, con quella bella dose di indie che non dispiace, ma il pezzo forte sono i riferimenti e le citazioni, con i quali impreziosisce sapientemente i testi. Ma bando alle ciance, ecco a voi quello che Tommaso ci ha raccontato della sua musica, dei due modi di scrivere canzoni “fisico” e “metafisico” e di sè.

Ciao Tommaso, benvenuto su Posta Indipendente! Abbiamo scoperto che La Notte è il tuo cognome, che rapporto hai con la parte buia della giornata?

La notte è la parte della giornata che prediligo per la scrittura. Mi sento lontano dal caos della giornata, come su un’isola deserta in cui posso esprimermi liberamente. Mi stimola il silenzio delle strade, il buio, le poche auto che passano. Quando non scrivo, leggo fino a tardi. Mi piace il senso di solitudine della notte, la compagnia silenziosa degli oggetti.

Scrivi canzoni da qualche anno, qual è la tua massima fonte d’ispirazione?

Penso che mi ispiri la solitudine. L’altra sera è saltata una cena con alcuni amici e sono rimasto a casa. Non mi andava di vedere The office, che sto guardando in questo periodo, né di leggere libri –sto approfondendo “Storia della morte in occidente” di Ariès, potete ben capire perché di sabato sera non mi andasse di leggere; c’era la tastiera in un angolo della mia stanza, un giro di accordi che mi ronzava in testa. Mi sono seduto di fronte alla tastiera, ho guardato il foglio bianco che tengo sempre sul leggio per spronarmi a scrivere e ho scritto una canzone. Ecco. La solitudine.

Ph. Chiara Boccardi
Ti piace “giocare” con le citazioni nei tuoi testi, come nasce quest’idea?

Penso ci siano due modi per scrivere. Il primo è fisico. Detto così non è chiaro, mi spiego meglio. Il primo modo è quello di osservare ciò che ti circonda e di tracciare fili rossi tra le cose, le storie, gli oggetti, i luoghi…insomma: è un modo di scrivere che descrive la realtà e il reale, anche quando si parla di personaggi di romanzi, o scrittori non viventi o centri commerciali indefiniti…è tutta realtà. C’è poi il secondo modo di scrivere: quello metafisico. È il modo di scrivere che pur citando oggetti comuni e altrettanto realmente esistenti, riesce a superarne le fattezze e a parlare per immagini universali. “Costruire” di Niccolò Fabi è una canzone metafisica, è al di là degli oggetti stessi.

Io non penso di essere mai riuscito a scrivere qualcosa di metafisico; da quando scrivo sto sperimentando la scrittura che lega le cose del mondo nel mondo in cui vivo, nel tempo in cui vivo, con le dinamiche del mio tempo. Allora il citazionismo è una forma di presa di coscienza delle cose del tempo in cui vivo. Se cito –trasformandone il significato- “Messico e nuvole” è perché sono nato nel 2001, e quindi “Messico e nuvole” è una canzone che il mio tempo mi offre. È una cosa del mio tempo, del mio mondo, è qualcosa che mi piace considerare uno dei tantissimi libri nello scaffale delle cose che esistono da quando esiste il mondo. Il citazionismo (non sterile) ha retto la poesia da quando è nata, chi sono io per escludermi dal gioco?

E ne “La fine del capitalismo” qual è la citazione che può racchiudere il mood del brano?

“Migliore di me che passo il tempo a sperare un’altra guerra mondiale, la fine del capitalismo e Suor Cristina su Youporn”.

Si vabbè, e che altro? Il senso della canzone è racchiuso qui: l’alienazione di quando non riesci a riprenderti da una brutta botta e finisci con il pensare alle cose più assurde. Non me ne vogliano gli amici marxisti. Vi voglio bene.

“La fine del capitalismo” Cover
Come vincere la desolazione di essere rimasti soli?

I progetti salvano la vita. “Voglio imparare a dipingere”. In quattro parole ci può potenzialmente essere l’impegno di una vita. Per assurdo se volessi imparare seriamente a dipingere avrei di fronte a me una vita intera per farlo e pomeriggi e pomeriggi di me che tento di dipingere e miglioro sempre più e quando sto male, posso dipingere… e quando sto bene, pure. Immergersi nei progetti è la soluzione più efficace alla solitudine, alla malinconia, al vuoto. Siamo fatti di vuoto, tanto vale riempirlo con qualcosa. Adesso il mio progetto è l’università e la musica e la letteratura e la recitazione. Come posso sentirmi solo?

Ascolta “La fine del capitalismo” su Spotify!
A proposito, ci lasci una citazione per salutare i nostri lettori?

Una citazione che amo e che mi ripeto quando mi siedo di fronte alla mia tastiera è:

“È la notte dei miracoli, fai attenzione, qualcuno nei vicoli di Roma ha scritto una canzone…”

Non vivo a Roma, ma ogni volta che penso allo scrivere musica, penso alla bellezza di questi versi e mi impongo di portare nuova bellezza nel mondo, nuove piazze, nuove notti, nuovi baci, anche nuova sofferenza…in poche parole nuove canzoni, che siano scritte nei vicoli di Roma o nei vicoli di una qualunque altra città nel mondo.

a cura di
Mariangela Cuscito

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