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Joe Barbieri: trasparenza d’artista

Joe Barbieri, volendo citare un altro grande autore di canzoni come Piero Ciampi, ha tutte le carte in regola per essere un’artista. Per l’artista vero è colui che intraprende un percorso, lo fa proprio e ha la grazia e la capacità di condividerlo col suo pubblico.

Microcosmo è un termine che torna spesso nella scrittura di Barberi (oltre ad essere il nome della sua etichetta discografica). Una definizione che parte da una dimensione privata dove l’autore immagazzina come una spugna il sentimento dell’arte fino a crearne uno proprio. La canzone d’autore che si incontra splendidamente col jazz, la bossa nova, la world music e la canzone francese, una raffinatezza unica che gli ha permesso di conquistare il pubblico estero.

Quest’anno Joe Barbieri è uscito col disco Tratto da una storia vera, sorta di compendio della sua attività di uomo e di artista libero da condizionamenti. Il disco si avvale di prestigiose collaborazioni, da Carmen Consoli fino a Sergio Cammariere, da Fabrizio Bosso a Jaques Morelenbaum. E’ stato un piacere così rivolgergli qualche domanda, farci spiegare, anche se in breve, la meraviglia di quel suo elegante e prezioso microcosmo.

Ciao Joe, benvenuto su Posta Indipendente! Com’è stato tornare al live dopo lo stop causato dalla pandemia? 

È stato splendido. Riabbracciare la gente, sentirle cantare, anche le nuove canzoni che fanno parte di questo nuovo album è stato una gratificazione profonda.

E’ uscito da poco il tuo nuovo singolo “Niente di Grave”, se lo dovessi descrivere con un colore, uno strumento musicale e con un aggettivo quali useresti e perché? 

Oddio… se dovessi scegliere un colore direi bianco, come la pagina bianca ideale sulla quale si possono scrivere le cose non dette nella vita; questo brano, del resto, racconta proprio di ciò che avremmo voluto e non abbiamo avuto il coraggio di svelare.
Se dovessi descrivere questa canzone come uno strumento musicale ovviamente direi il violoncello, ma uno speciale: quello di Jaques Morelenbaum, ovvero lo straordinario musicista-icona che si è unito alla mia band nelle registrazione di questo brano.
Se infine dovessi scegliere un aggettivo direi “infinito”. Credo infatti, per riprendere il discorso di prima, che ci sono relazioni, rapporti che non si concludono mai, e che anche a causa di quel che non si è avuto l’occasione di dirsi rimangono come una porta eternamente aperta.

A quattro anni di distanza da “Origami”, torni con l’album “Tratto da una storia vera”, come sei arrivato a questo album? Joe che percorso introspettivo hai fatto? 

In realtà è un percorso che è durato una vita intera, questo album è un segno di gratitudine verso tutto quel che mi ha formato, che mi ha fatto crescere, che ho amato, che ho odiato e che mi ha fatto soffrire anche. Ogni cosa contiene un tassello fondamentale di questo percorso e ogni brano ne rivela una parte.

Joe, nel tuo album ci sono varie collaborazioni, da Tosca a Carmen Consoli e Sergio Cammariere, puoi raccontarci come sono nate? C’è qualche artista del passato con cui ti sarebbe piaciuto fare un featuring? 

Sono tutte persone con cui ho o un’amicizia di lungo corso – come Tosca o Fabrizio Bosso – o un’empatia istintiva – come Carmen e Sergio. Tutti però sono artisti con i quali ho sempre desiderato collaborare, artisti ai quali guardo con rispetto ed attenzione.
Se c’è qualcuno del passato con cui mi sarebbe piaciuto collaborare, mi chiedi? Beh ce ne sono molti… mi viene in mente Henri Salvador, con il quale siamo stati ad un passo dall’incrociare le voci. Ma, se si potesse sognare, sceglierei i due artisti cui ho dedicato un album: Chet Baker e Billie Holiday.

Dopo il tour che progetti hai per il futuro musicalmente parlando? Hai un sogno nel cassetto nel mondo dell’arte ma che non riguarda la musica?

Penso già da un po’ di tempo ad un album di musica strumentale. Più passa il tempo più sento che le parole debbano essere scelte con cura, o persino taciute se non dovessero essere necessarie. Da qui il desiderio di comporre musica senza versi, magari per il cinema. Chissà.

Ho scoperto una cosa bellissima sul tuo sito. Hai un gruppo di fans che si riunisce sotto il nome dei “Maravilhosi” e che organizza raduni dal 2015, un modo per interagire con i tuoi appassionati e di condividere, non solo su piattaforma social, una passione in comune. Si ripeterà anche quest’anno, magari dal vivo, malgrado le limitazioni causate dal Covid 19?

Si certo, recupereremo l’incontro che l’anno scorso avremmo dovuto tenere a Napoli e che invece (per ovvie ragioni) abbiamo dovuto fare online.
Ogni anno ci vediamo in una città diversa, un po’ per favorire che vive nelle differenti aree del nostro Paese, un po’ per andare a scoprire o a riscoprire città che magari altrimenti non visiteremmo. Di solito ci vediamo pochi giorni prima delle feste di Natale e Capodanno e con l’occasione ci auguriamo reciprocamente il meglio per l’anno che sta per arrivare. Ovviamente si suona anche un po’…

Joe hai quasi trent’anni di carriera, dieci dischi all’attivo di cui uno dal vivo. La tua musica ha sempre conservato fascino ed eleganza con riferimenti che vanno dalla musica d’autore, fino al jazz e alla world music. Come si fa a mescolare generi così importanti, rendendoli propri in tutta la loro bellezza fino a costruire un percorso personale?

Ah non saprei, io lo faccio e basta, senza pensarci granché su. La verità è che questa musica l’ho ascoltata talmente tanto che alla fine si è fusa, è divenuta un corpo unico.

La musica napoletana ha conosciuto artisti importanti. Dai più celebri come Murolo o Sergio Bruni a quelli più recenti come Pino Daniele, band di culto come gli Osanna, Napoli Centrale o artisti raffinati come Nino Buonocore ed Edoardo De Crescenzo. Ci sono realtà musicali oggi che meritano attenzione a tuo parere Joe?

Napoli non smette mai di rielaborare attraverso l’arte la quantità incalcolabile di stimoli cui nel bene e nel male è sottoposta. E le nuove leve – come ad esempio i New Genea, tanto per fare un nome – hanno raccolto il testimone di chi li ha preceduti con talento e coraggio.

Ringraziamo Joe Barbieri e non vediamo l’ora di vederlo live e di perderci nella sua arte.

a cura di
Beppe Ardito & Francesca Cenani

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