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Boetti: “Siamo così evoluti eppure ci dimentichiamo della nostra intimità” |Intervista

Boetti rilancia il suo progetto con il primo tassello di un nuovo viaggio, “Colpa tua”, brano distribuito per Manita Dischi e Belva, nel quale l’artista affronta il grande tema dei sensi di colpa.

Il singolo si muove su tre livelli e parte da un allontanamento di Damiano, che in questi anni ha cambiato casa e città più volte: tre voci lo rimproverano per una sofferenza causata da questa decisione. C’è la colpa legata alla rottura di una relazione; quella causata dall’inevitabile perdita di vista di alcuni amici, rimasti nella città natale; infine, la colpa determinata dall’allontanamento da una madre che entrava e usciva dall’ospedale per i problemi di salute.

La musica, elettropop con marcate sfumature indie-rock, accompagna il cantautore in un percorso complesso e necessario per arrivare alla conclusione definitiva: “Non ti odieresti davvero se avessi cura di me”. Proprio in occasione della release di “Colpa tua”, abbiamo fatto qualche domanda a Boetti, per scoprire qualcosa di più di questo suo nuovo inizio.

Iniziamo con un viaggio temporale: il 28 maggio 2021 pubblichi BLUE, un Album di 8 tracce. Di mesi ne sono passati: cos’è successo a Boetti? Hai maturato nuove consapevolezze?

È successo di tutto e di più, anche alcune cose imponderabili, inaspettate. Intanto Boetti ha iniziato a riconoscere e dare più spazio a Damiano, quindi adesso posso parlarti ed esprimermi con molta più libertà e sincerità. Magari questa cosa è data anche dal fatto che ho qualche anno in più. Se poi ci si riferisce alla scrittura dei brani, queste nuove canzoni che stanno per uscire risalgono al periodo durante e appena successivo i vari lockdown dovuti alla pandemia. Un’esperienza che ha sconvolto, forse anche maturato, la vita e il rapporto che ognuno di noi aveva con essa. Le nuove canzoni nascono da quel terremoto lì.

In questi anni hai cambiato casa e città più volte: riusciresti ad associarmi per ciascuno di questi periodi una canzone/artista? A cosa ti riporta la mente?

Per quanto difficile, riesco a individuare tre fasi effettivamente geografiche della mia vita, che corrispondono ad altrettanti ricordi e suggestioni:

Firenze è dove ho studiato e conosciuto le persone che ancora oggi posso considerare amici (forse dovrei includere tutta la Toscana: Prato, dove sono nato, Livorno dove ho registrato due dischi). Firenze è un calderone di musica e di canzoni, ci butto dentro tutti i cantautori anni ‘70 che ho pietosamente imitato quando iniziavo a scrivere e cantare le mie cose. Colonna sonora – “Bufalo Bill” di Francesco De Gregori.

La seconda città è Bologna. Per me Bologna è e sarà sempre sinonimo di amore, la città in cui indubbiamente ho amato di più. Un posto magico dove ancora oggi quando torno mi sento a casa, che ha conservato le sue radici “domestiche”, prendendosi però anche cura del futuro: le piazze sono dei giovani, mi trasmette fiducia e speranza. Colonna sonora – “Mia”, Giovanni Truppi.

Roma rappresenta il mio approdo all’età adulta, a suon di schiaffi di realtà. Roma è una città complessa, ma la nostra vita di tutti i giorni non è poi tanto meglio. Il fastidio e la decadenza qui si sublimano nell’eternità che ti circonda, alcune volte mi perdo nella bellezza e ripercorro (forse) vite passate. Per questo dico spesso che Roma mi ha riconciliato con il senso del tempo. Colonna sonora –  “Non, je ne regrette rien” di Edith Piaf.

Parliamo del tuo nuovo singolo, “COLPA TUA”, un brano nel quale è indiscutibile una marcata sensibilità artistica/musicale e una grande penna. Quale è stato l’input per la stesura di questo brano? Cosa vuole raccontare Boetti nelle sue canzoni?

Quando stavamo forzatamente chiusi nelle nostre case, non avevamo alcun modo di condividere qualcosa con qualcuno. Eppure, la vita accadeva, continuava a scorrere: c’era chi in camera sua faceva bricolage, chi sul balcone coltivava piante etc. Quella nostra intimità, a mio avviso, è ancora oggi il fulcro principale, il nucleo della nostra essenza. Siamo così evoluti (?) e incasellati nella routine di lavori dipendenti, sete di guadagno, bisogno di attenzioni esterne, che ci siamo dimenticati della nostra intimità. Di quella intimità a cui eravamo costretti in quel periodo. Questo è quello che ho provato a raccontare, senza paura né vergogna: il privato.

Per me questa canzone è come un coro di persone che mi mettono davanti ai limiti che posso avere”. Quanto influisce nella tua musica il giudizio degli altri? Ti senti libero nella tua arte?

Sarebbe sbagliato dire che non mi interessa affatto il giudizio degli altri. Credo di essere un buon mediatore e aver preso un po’ di bastonate nei denti ha sviluppato in me la capacità di filtrare i discorsi della gente, che (penso io) hanno tutti una parte buona da tenere e una da cui lasciarsi attraversare. D’altro canto, non potrei nemmeno essere uno che sprofonda nel giudizio degli altri, altrimenti mi sarebbe impossibile fare questo “lavoro” che prevede scrivere, quindi esporsi volontariamente a un agente esterno. C’è in entrambi gli atteggiamenti, comunque, una componente non so quanto forte di narcisismo: gli altri, sia che uno se ne fotta – sia che uno si preoccupi troppo, possono diventare una piccola carambola, uno specchio riflesso che ci riporta comunque alla sopravvalutazione del nostro io e della nostra reputazione.

Ora inizia un nuovo percorso, e questo singolo è un perfetto apripista. Sappiamo però anche quanto sia importante nel percorso di un’artista la dimensione live. Sei già al lavoro in quest’ottica? Prossimi appuntamenti in programma?

Per quanto si cerchi di far credere che tutta la filiera sia ripartita, la musica dal vivo secondo me sta vivendo tempi davvero duri. Il “suonare gratis in cambio di visibilità” è un problema ormai appurato, ma c’è di peggio. Si stanno creando divisioni, rigidità tra noi stessi artisti e non ci rendiamo conto che questa è una battaglia che possiamo vincere soltanto alleandosi, non cercando di primeggiare. Dignità e sostenibilità: questa è la mia idea di fare musica e so che vorrò condividerla con addetti ai lavori e/o gestori di locali che la pensano come me. Chiusa questa parentesi non richiesta, vorrei provare ad annunciare le date invernali con l’uscita dell’album. Ho lavorato tanto sulla componente emotiva di ciò che scrivo e non vedo l’ora di potermi confrontare con chi vorrà venire a sentirmi.

Concludiamo mettendo ulteriormente il dito nella piaga: in “Colpa tua” affronti il grande tema dei sensi di colpa. Guardandoti indietro, musicalmente parlando, ti incolpi per qualche tua scelta? Cosa cambieresti del tuo percorso? Sempre se c’è qualcosa che vorresti cambiare!

Una responsabilità che a volte mi imputo è quella di non aver avuto abbastanza coraggio, quando ho scritto il primo disco, di dire nettamente le cose che pensavo. Pensavo a quanto pare di riuscire comunque a trasmettere il messaggio, pur mascherato e infarcito di artifici retorici. Credevo di riuscire a denunciare, ad esempio, l’eccesso di consumismo e la schiavitù a cui ci obbliga il sistema capitalista citando marchi e griffe fino a far venire il voltastomaco, ma questo mi ha fatto apparire come uno che metteva la parola “Zara” nella canzone perché andava di moda. Il pubblico però non fraintende mai, è chi scrive che ha l’obbligo della sincerità.

a cura di
Redazione

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