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Emanuele Dabbono racconta il nuovo album “Buona Strada”

Emanuele Dabbono torna con l’album “Buona strada” a distanza di tre anni da “Leonesse”. Dopo due anni di scrittura distribuisce un disco molto particolare inizialmente previsto per altri musicisti ma così personale da decidere di non dividerlo con nessuno

Emanuele Dabbono nasce a Genova il 15 gennaio 1977. Noto al pubblico per la partecipazione nel 2008 alla prima edizione di X Factor, è un cantautore e musicista e ha composto anche alcuni grandi successi di Tiziano Ferro. Abbiamo avuto il piacere e la possibilità di fargli qualche domanda in merito al suo nuovo album “Buona Strada”, uscito il 21 ottobre e composto da 16 canzoni

Credits Luigi Cerati
Ciao Emanuele! Benvenuto su Posta Indipendente, quali sono le tue sensazioni dopo l’uscita dell’album “Buona Strada”?

Sono molto felice. È straordinario come riceva tanti messaggi di apprezzamento sull’album, su come è stato compilato, sull’autenticità dei pezzi, sulla cura dei suoni e dei testi. Non me lo aspettavo sinceramente. Poi ognuno ha le sue preferite ed è curioso che brani come “Campo di battaglia” o “Per mano” che stavano addirittura per finire fuori rosa, siano tra i più apprezzati.

Questa domanda ci piace sempre farla, come nasce la passione per la musica?

È la musica ad avermi coltivato. Non so se sono fiorito bene, ma mi sento come un campo di lavanda di Provenza in giugno. Con quel colore e profumo lì. Ricordo solo che da bambino i miei genitori mi avevano perso un pomeriggio perché mi ero allontanato per ascoltare meglio la banda cittadina che passava. Mi riacciuffarono tra la folla, avrò avuto quattro anni, e battevo il piedino a tempo con la cassa. Era la musica che mi passava davanti. Mi era sembrato una specie di circo itinerante. La sentivi e si muoveva, si allontanava e io semplicemente, la volevo trattenere, seguire.

Ci racconti un po’, invece, di ciò che ti ha ispirato per la composizione del tuo nuovo disco?

Ti faccio un elenco di ispirazioni che mi sono state utili: “Il vagabondo delle stelle di Jack London“, tutta l’opera di Renè Magritte (il mio preferito), perdermi nel crocevia bianco del Cretto Di Burri a Gibellina in Sicilia, ascoltare The Koln Concert di Keith Jarrett una sera che pioveva forte, i film in bianco e nero, cercare a Torino i set dei primi film di Dario Argento, le lunghe chiacchierate in macchina col maestro di fotografia Luigi Cerati, i pigiama party con le mie due bimbe a raccontargli i classici del passato (continuano a preferire “Il conte di Montecristo” a qualsiasi altro libro).

Quale canzone rispecchia più l’anima dell’album e perché?

Cerezo credo sia la punta di diamante del disco perché generalmente mi apro nelle canzoni, ma qui mi sono letteralmente esposto. Ci sono dettagli chirurgici della relazione padre figlio che mi riguardano fortemente in quel brano. Come l’insonnia di mio papà dovuta alla sua malattia che lo faceva camminare avanti e indietro fuori casa a ore impossibili, e che è diventata l’incipit “Magari ti serviva un cane, sentire il freddo degli anni mentre li porti a pisciare”.

Abbiamo avuto la possibilità di ascoltare il disco “Buona strada” e l’abbiamo trovato molto personale ed intimo. Sei d’accordo con questa definizione? Come ti sei sentito nel comporre i tuoi pezzi?

“Rifugio”, “Nel tuo retrovisore”, “Cattedrali” sono per esempio brani scritti per le mie figlie, per la mia famiglia. Ma sono adattabili a qualsiasi rapporto che presupponga cura, amore, partecipazione, desiderio di presenza. Loro hanno assistito alla genesi di queste canzoni, hanno sentito i demo in macchina nei nostri viaggi, le cantavano e conoscevano a memoria i testi prima ancora che venissero realizzate in studio e pubblicate. Hanno potuto capire che per portare a termine un progetto devi prima sognare, poi tirarti su le maniche, difenderlo e infine cercare di farlo succedere con pazienza e dedizione. Credo sia un bell’insegnamento.

Per finire, ti va di anticiparci qualche progetto futuro?

Da gennaio partiremo coi concerti. Ma prima pubblicheremo un altro paio di video, tra cui uno a cartoni animati in stop-motion rallentato (meraviglioso per me) creato da Giulia Del Monte. Il futuro è già cominciato.

a cura di
Aurora Oddi

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