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Il colpo di Stato del “Romanticismo” nell’intervista ai Golpe

La band torinese Golpe annuncia l’uscita degli album complementari “Prima Repubblica” e “Seconda Repubblica” tramite il nuovo singolo “Romanticismo” che descrive la distanza emotiva: uno degli aspetti dell’amore come forma di potere

Con “Romanticismo”, i Golpe rielaborano gli elementi principali del prog abbandonando la psichedelìa del genere per dedicarsi ad un tessuto sonoro più armonico, caratterizzato a tutti gli effetti dalla “gioia tiepida” che attraversa la relazione protagonista del brano. Qualsiasi possibile forma di euforia e di enfasi nella melodia viene sacrificata per dare spazio al senso di distanza che pervade i due attori nel pezzo. Ogni caratteristica di “Romanticismo” appare funzionale alla narrazione, ma di certo non viene nascosta la maturità artistica del gruppo che ci fa ben sperare in due album non banali e dotati di una particolare profondità. Si fanno sentire le esperienze artistiche di Matteo BellittoZevi Bordovach e Giulia Pecora che hanno regalato ai Golpe delle influenze capaci di fondersi e creare un sound originale e introspettivo.

La band ci parla del singolo e dell’album approfondendone l’idea di fondo sul potere:

Ciao ragazzi, benvenuti su Posta Indipendente! Iniziamo a conoscerci meglio: quando e come sono nati i Golpe?

I Golpe nascono nel 2017 dalle ceneri dei Dresda Bàruch, band del sottobosco torinese con influenze un po’ math, un po’ pop, un po’ folk, attiva nei primi anni ’10. Un po’ per scherzo, dopo lo scioglimento dei Dresda, Matteo prese accordi per fare un concerto in un locale di Torino senza ancora avere una band. Contattò alcuni musicisti della scena torinese che lui conosceva ed ecco i Golpe.
Quel concerto non ha mai avuto luogo ma noi siamo ancora qui.

Parlateci un po’ di “Romanticismo”. Appare come un dialogo provocatorio tra due parti; si tratta di due aspetti di un unico personaggio o di due “attori” diversi?

È un dialogo tra due interlocutori che non condividono più né intenzioni né emozioni se non nella rinuncia. Uno chiede e l’altro indietreggia, uno schiva e l’altro cerca. Di fatto, il brano parla del ponte venuto meno tra i due, delle increspature che ne annunciano il crollo e del rumore che viene poi.

“Non sarò migliore privo di ogni intimità”. Da artisti, da persone che ogni giorno devono fare i conti con la propria emotività e con un pubblico, riuscite a preservare comunque una vostra sfera privata?

Non siamo famosi, le nostre vite private sono uguali a quelle di chiunque altro. Non neghiamo, però, che alcuni di noi abbiano qualche problema di egocentrismo (vedi Matteo) e che la possibile sovraesposizione sarebbe rischiosa.
Scherzi a parte, il verso che hai citato parla dell’intimità che viene meno tra i due componenti di una coppia (in questo caso di amanti, ma è declinabile anche agli amici). Se viene meno questa, o se vi si rinuncia deliberatamente, è il presupposto del disastro. Un po’ come quando
vedi i filmati dei palazzi che vengono fatti crollare con la dinamite e vedi il fumo prima di avvertire lo scoppio.

“Romanticismo” anticipa l’uscita del vostro nuovo concept album; possiamo dire che “PRIMA REPUBBLICA” tratterà il potere con amore, che si baserà sull’idea che qualsiasi tipo di autorità sia mossa dalla passione?

“PRIMA REPUBBLICA” tratta di potere in tutte le sue forme, una su tutte l’amore. Ma non crediamo di aver trattato il potere con amore. Piuttosto, con comprensione e con una lieve aggiunta di garantismo, per utilizzare un termine politico-politico.
L’autorità, in qualunque forma e di qualunque entità, è per definizione imperfetta. Necessita sempre di qualcuno che ne riconosca lo status e si esercita dunque in una relazione dialogica. Per questo, crediamo che il potere sia pervasivo e capillare in ogni cosa. Soprattutto nelle relazioni. Da qui, per esempio, insieme al discorso sulla frattura e sull’incomprensione, nasce il brano “Romanticismo”.

Parlate di politica da un punto di vista emotivo, senza cedere al pragmatismo o addentrarvi nella satira. Come mai avete scelto di adottare questa prospettiva? Quanto è stato difficile distaccarsi dai testi impegnati “tradizionali”?

Usiamo la politica come ambientazione, come sfondo di un racconto che parla d’altro. La politica è un pretesto, un mezzo.
Personalmente, non amiamo la didascalia né il paternalismo e la prospettiva cantautorale di cui parli tu è viziata spesso da entrambi.
Bisogna dire senza indugi ma prescrivere mai: la nostra musica è un racconto e non un prontuario, né tantomeno una disamina politica.
Distaccarsi da un approccio simile è semplice proprio perché è un linguaggio che non ci appartiene. Forse l’ironia che non avverti tu è il presupposto di tutti i testi presenti nel disco. La scelta di non parlare del potere ma di illustrarlo ne è la dimostrazione e fa il paio con ciò che facevano i romanzieri americani del primo novecento con la loro prosa asciuttissima: se voglio far vivere al lettore lo stesso sentimento di gioia, di paura o di speranza che provano i personaggi, non devo descrivere quei sentimenti ma farli emergere da ciò che accade tra loro.

Per salutarci parliamo del futuro dei Golpe: cosa dobbiamo aspettarci dopo l’uscita del nuovo disco?

Sicuramente qualche esibizione dal vivo. Sul palco siamo in sei e il nostro è un bel concerto.
Stiamo inoltre lavorando al gemello eterozigote che completerà il concept di “PRIMA REPUBBLICA”: si chiamerà “SECONDA REPUBBLICA”.
E poi, forse, qualche cambiamento di rotta perché tendiamo ad annoiarci. Magari abbandoneremo le chitarre per un po’ o scriveremo più testi e meno musica. Chissà. La cosa che possiamo assicurarvi è che saremo sempre fedeli all’urgenza del momento, guidati dalla voglia di fare musica che alle nostre orecchie appaia sempre unica.

a cura di
Lucia Tamburello

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