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Giuseppe D’Alonzo racconta “Dove non eri tu”

Fuori dal 4 ottobre “Dove non eri tu”, la delicata dedica di Giuseppe D’Alonzo. Il brano nasce da un viaggio in Indonesia, precisamente in un campo Toraja nell’isola di Sulawesi e da una armonica a bocca che il cantautore porta sempre con sé. Una storia particolare che ci ha raccontato in questa intervista.

“Dove non eri tu” è un brano che porta con sé molte emozioni e ricordi personali. Cosa ti ha spinto a scrivere questa canzone proprio ora?

In realtà non era in programma, sto lavorando a tutt’altro in questo periodo, ma durante il mio ultimo viaggio in Indonesia, mentre assistevo ad un rituale funebre in un campo Toraja, mi è balenato in testa il motivetto della armonica su due accordi che poi ho registrato come parte introduttiva. Il testo e il resto della melodia la sera nell’abitazione. Avevo l’armonica che mi porto sempre dietro, con quella e la sola voce ho registrato l’idea sullo smartphone. Di ritorno in Italia ho aggiustato il tutto, ma serviva davvero ben poco, la canzone era già tutta lì.

Il tema della celebrazione della vita dopo la morte è centrale nella cultura Toraja e sembra influenzare il tuo nuovo brano. Come hai interpretato questa visione nel contesto della tua musica e della tua vita?

Difficile da dire. A volte mi sento come un gatto, vivo di istinto ed emozioni. In questi periodi, o momenti, è come se venissi guidato dalla sola intelligenza emotiva, alcuni la chiamano creatività.

Io non saprei proprio darle un nome, ma le emozioni forti, come quella del rito funebre in questione penetrano la corazza del pensiero razionale che, anno dopo anno, tende a comprimere l’emotività nel nucleo e ci indurisce per forza di cosa. I viaggi, così come altri momenti di “distacco”, mi riconciliano con la parte più bella di me e la musica diventa uno strumento per esprimere queste sensazioni.

Nel tuo percorso artistico c’è una costante evoluzione, ma “Dove non eri tu” sembra richiamare il tuo passato musicale. Come si inserisce questo brano nel tuo viaggio artistico?

Corretto richiama, diciamo così, un mio passato prossimo musicale, perché il remoto era molto ispirato dal Blues e dal Rock.

l’evoluzione dal Blues/Rock verso il cantautorato italiano è passato attraverso diverse fasi che periodicamente ritornano, da quelle più PoP/Indie a quelle più Folk/Pop come quest’ultima canzone.

Il videoclip del brano è stato girato durante il tuo viaggio in Indonesia. Quanto è importante per te il connubio tra musica e immagini visive?

Tantissimo, l’ho dichiarato diverse volte, spesso il brano è intriso di più significati alcuni dei quali vengono espressi dalla canzone, altri dal video che, per forza di cose, è tutt’altro che didascalico.

C’è molta spiritualità in questo video, io sono praticamente sempre ripreso di spalle mentre accompagno lo spettatore in luoghi più o meno sacri, fino ad arrivare al Nirvana, rappresentato dal piano più alto del Tempio Buddista Borobudur, in cui salgo tra gli Stupa di pietra lavica.

Cammino attraverso templi Indù, fino al fuoco acceso sull’isola deserta di Krakal, nel mar di Giava la cui inquadratura sfuma insieme alla canzone. Tutto porta al ricordo di Davide. Se non l’avessi scritto come titolo di coda, nessuno l’avrebbe mai potuto collegare, ma di fatto è così, è un omaggio che ho ricevuto dall’Indonesia e che a mia volta ho voluto dedicare all’amico scomparso prematuramente. 

Nel 2023 hai pubblicato diversi brani, ognuno con un’identità unica. C’è un filo conduttore che lega queste canzoni, o ognuna rappresenta una fase diversa della tua vita?

In genere quando produco un album è perché c’è un filo conduttore che lega i brani e il periodo in cui li scrivo. In quei casi le canzoni fluiscono rapidamente e così decido di concludere il tutto pubblicando un album. Nel caso dei singoli quasi mai c’è un vero e proprio filo conduttore, sono momenti della mia vita o storie che mi vengono in mente che non hanno un seguito.

Qual è il messaggio che vorresti che il pubblico portasse con sé dopo aver ascoltato “Dove non eri tu”?

Questa è davvero una bella domanda.

A prescindere da uno dei significati che ho dato io al brano e quello che significa per me, una chiave di lettura per chi lo ascolta senza saper nulla di tutto quello che vi ho raccontato, secondo me è racchiuso proprio nel titolo “Dove non eri tu”, che vuole essere sinonimo di “nostalgica evasione”, l’avrei anche potuto intitolare così, ma le parole sono importanti nella musica, suona molto meglio dove non eri tu.

Vorrei quindi, per rispondere alla domanda, che chiunque l’ascoltasse riuscisse a tornare con il pensiero nei propri luoghi di evasione, e chissà, magari riprendesse in mano quella vecchia tuta, quella borsa da viaggio, quella chitarra dentro la custodia impolverata, magari evitiamo gli spinelli di gioventù 😉 ma ecco, riprendesse in mano quella passione che lo traghettava in luoghi meravigliosi, intimi in cui l’io si denuda e si resta a tu per tu con la propria anima.

a cura di
Redazione

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