C’è posta per…vol.20
Tarararararara tun tun tun…
Insomma ci abbiamo provato a replicare a parole l’inconfondibile “Love’s Theme” di Barry White, nonché la famosissima colonna sonora del programma che ha fatto della De Filippi l’eroina di tutti i sabato sera (passati a casa) della maggior parte degli italiani.
Noi di Postaindipendente non vogliamo avere la velleità di paragonarci al tv show dalla magica busta, eppure il nome della nostra rivista richiama l’idea di accogliere nella nostra (mail di) posta tutte le nuove proposte del mercato musicale emergente.
È stato impossibile così non dedicare, proprio ai protagonisti del nostro giornale, un format in cui, questa volta, a dover aprire la busta sono proprio gli artisti. Nasce dunque “C’è posta per…”: lo spazio in cui mensilmente accogliamo sui nostri divani virtuali le band o i singoli cantanti che hanno deciso di prendere in consegna una domanda dal pubblico.
La domanda del mese è: “Con l’avvento delle piattaforme di streaming e della condivisione digitale della musica, l’accesso alla produzione musicale è diventato più accessibile che mai. Quali pensi siano gli impatti positivi e negativi di questa democratizzazione della musica, sia per gli artisti emergenti che per l’industria musicale nel suo complesso?”
BORDER
C’è un lato positivo e negativo in ogni situazione. Sicuramente la diffusione della musica in modo libero e gratuito o quasi, è un fatto positivo. In passato. chi era appassionato di musica, per soddisfare la propria curiosità, doveva spendere molto denaro e ricercare su riviste specializzate o su quei 3 siti ufficiali che promuovevano solo alcuni musicisti.
Oggi, per gli artisti emergenti è possibile promuoversi autonomamente e farsi notare da qualche talent scout che investe in te, nel migliore dei casi.
Di negativo c’è che le case discografiche investono solo su chi è uscito dai talent show (che si presume abbia talento), oppure con personaggi che hanno molti follower, andando proprio a inquinare il mercato con prodotti musicali che lasciano veramente a desiderare. Non pensiamo che la ricerca spasmodica delle hit o del business vada di pari passo con la realizzazione di un buona canzone, che dovrebbe restituire qualcosa che dovrebbe avvicinarsi il più possibile all’arte.
Luca Salmaso
Faccio fatica a trovare impatti positivi o meglio , è bello poter ascoltare la musica ovunque con le proprie playlist ed avere un jukebox infinito però nello stesso tempo la musica è diventata davvero troppo accessibile a chi la fa , non c’è più quel brivido ed emozione dello studio di registrazione, del fare le prove prima di registrare ecc ecc perché basta un semplice pc ed una scheda audio e il gioco è fatto , la qualità audio si limita alle casse del cellulare, autoradio e fonti sonori con compressori e bassi pesantissimi che comprimono tutto, la musica vera è rimasta per pochi ed è tutto dedicato ad un’altro circuito di ascoltatori, le piattaforme ti indirizzano su artisti che le major impongono ed è per questo che lo streaming è diventato appetibile, obbligatorio e va bene a tutta l’industria musicale mainstream.
Lilinanna
Allora gli impatti positivi ne sono diversi. In primis, mi ci metto davanti io. Se non ci fosse stato questo cambiamento, non avrei potuto iniziare la mia avventura. Quando ho iniziato a fare musica io, erano gli anni del 2010. Solo Chi era ragazzino come me in quel periodo sa quanto era difficile fare qualsiasi cosa. Le sale prove avevano un costo. Le registrazioni erano te le potevi permettere solo se lavoravi molto o avevi una famiglia alle spalle che ti supportava.
Non solo, i produttori che caricano le instrumental su YouTube Hanno aiutato chi, come me, voleva utilizzare la musica solo a scopo ricreativo e creativo, per iniziare a fare pratica con la metrica delle lyrics. Inoltre, offre l’opportunità di poter emergere in momento in cui solo chi esce dai talent e la musica estremamente pop, ha visibilità e opportunità di crescere. Credo che sia stata una evoluzione e un cambio di rotta doveroso, a causa appunto, di questa “inarrivabilità musicale”.
Tutti bravi a fare i nostalgici a mio parere, ma non scordiamoci che 30/40 anni fa, band come Sex Pistols, Siouxsie and the Banshees, Joy Divisions, The Smiths, The Cure, i nostri Diaframma, Litfiba ,erano in prima pagina sulle riviste musicali dell’epoca. I rivoluzionari CCCP erano a Sanremo Rock, invitati alla TV. Hanno avuto un grandissimo impatto nel mainstream. Ora vi chiedo, al giorno di oggi, sarebbe lo stesso?
Vi rispondo io, se queste band esisterebbero ora NON avrebbero mai questa visibilità. Verrebbero schiacciate dalle stupide regole discografiche di ora e non creerebbero i capolavori musicali alternativi che conosciamo. Quindi sì, che la musica di qualità sia in un calderone di copioni, è il lato negativo della musica odierna low cost. Però se non fosse per questo, la musica che non sia quella mainstream, sarebbe scomparsa. Magari si dovrebbe pensare a dare di nuovo accesso sui grandi canali, a quei progetti che ad oggi le major non sono più abituate a considerare. Inoltre bisogna che i promoters pensino di più alla qualità dalla musica che viene proposta giornalmente, più che spingere artisti già noti dalle TV.
LE CANZONI GIUSTE
Nell’arte, l’aumento dell’accesso alle opportunità è sempre un bene, poiché stimola la creatività e l’espressione individuale. Tuttavia, questa democratizzazione può portare a una confusione tra professionismo ed hobbismo. Non è negativo che molti si avvicinino alla musica e alla creatività, ma è importante che ognuno si impegni a perseguire la qualità e uno scopo comunicativo. Oggi, oltre a essere artisti, dobbiamo essere anche comunicatori della nostra arte, utilizzando il marketing e i social media come mezzi per farlo. Questo può essere difficile, ma se fatto con autenticità e originalità, può creare un’identità forte e credibile che alla fine raggiungerà il pubblico. L’importante rimane dare priorità alla propria arte, poi di contorno a tutto il resto, che è comunque importante, ed alla fine ne diventa un mezzo per accrescere il contenuto.
MIDEN
È un argomento molto trattato ultimamente nel mondo musicale. Tutti possono comprarsi un microfono e registrarsi a casa, e poi caricare le canzoni su qualsiasi piattaforma a un prezzo accessibile. È possibile anche acquistare produzione musicali a prezzi più che abbordabili. Questo fa in modo che tutti possano registrare e uscire con tanta musica, solo che poi ne risente la qualità. Un aspetto negativo è questo. La vera differenza è il modo in cui cerco di raggiungere un obbiettivo. Questa accessibilità alla musica leva anche crediti a tutte le persone che lavorano dietro agli artisti, esempio fonici, produttori ecc… Però penso che al giorno d’oggi. Sei obbligato a fare musica di qualità, e deve essere curata in qualsiasi aspetto. L’investimento perciò in produzioni, registrazioni in studi professionali, e videoclip di qualità, rimane fondamentale per la crescita artistica.
CAMERA A SUD
La democratizzazione della musica grazie alle piattaforme di streaming e alla condivisione digitale ha travolto e modificato il mondo dell’industria musicale e degli artisti emergenti. Come in tutte le cose ci sono gli aspetti positivi e i lati oscuri.
Impatti positivi:
- Accessibilità: Gli artisti emergenti ora hanno una piattaforma globale per condividere la propria musica senza la necessità di un’ampia infrastruttura di distribuzione. Questo rende più facile per loro entrare nel mercato musicale e raggiungere un pubblico più vasto.
- Esposizione globale: Grazie alle piattaforme di streaming, gli artisti emergenti possono essere scoperti da un pubblico internazionale. Questo amplifica le possibilità di successo e rende il mercato musicale diversificato e inclusivo.
- Indipendenza artistica: Gli artisti emergenti hanno maggior controllo sulla propria musica e sulla loro carriera. Possono scegliere di auto-pubblicare la propria musica senza dover necessariamente firmare con una major discografica, consentendo loro una maggiore libertà creativa.
Ovviamente noi che siamo indipendenti non miriamo a milioni di followers ma sicuramente grazie alla tecnologia riusciamo a gestire e a portare avanti la nostra azienda.
Impatti negativi:
- Compensazione finanziaria: Nonostante l’accesso alla produzione e alla distribuzione musicale sia diventato più facile, la remunerazione per gli artisti attraverso le piattaforme di streaming spesso non è equa.
- Saturazione del mercato: Con così tanti artisti che pubblicano musica online ogni giorno, può essere difficile per gli artisti emergenti emergere dalla massa e attirare l’attenzione del pubblico. La saturazione del mercato può portare a una maggiore competizione e rendere più difficile per gli artisti emergenti ottenere visibilità.
- Declino delle vendite fisiche: Con l’aumento della musica digitale, le vendite di CD e altri supporti fisici sono diminuite drasticamente. Questo può essere un problema per gli artisti emergenti che potrebbero aver trovato più facile guadagnare attraverso la vendita di merchandise fisici o CD. Ma è possibile creare un prodotto di nicchia quale il vinile da vendere ai propri concerti.
In conclusione crediamo che sia fondamentale bilanciare l’accessibilità con la qualità e l’innovazione della produzione musicale. Mentre le piattaforme digitali offrono opportunità senza precedenti per gli artisti, è fondamentale promuovere l’educazione musicale e sostenere la diversità e la complessità nella creazione musicale.
No Dada
L’impatto positivo di questa apparente democratizzazione della musica è la sua immediata accessibilità per l’ascoltatore: in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, con qualsiasi device si abbia a disposizione. Una comodità che appena 15 anni fa era ritenuta difficilmente raggiungibile e che in tutta onestà non ci sentiamo di rinnegare in maniera ideologica. L’oggetto fisico non è più l’unica strada disponibile: chiaramente oggi ha assunto una funzione diversa, più emotiva ed estetica che funzionale, tuttavia continua e continuerà ad esistere rivestendosi di significati simbolici differenti. Allo stesso modo, ogni musicista può avere accesso a strumenti e competenze sufficienti per garantirsi, in un tempo e con un costo relativamente ridotto, una produzione musicale do-it-yourself, abbattendo il sistema di costi e ruoli che intercorreva tra lo studio di registrazione, il management e l’etichetta discografica.
Di conseguenza anche la posizione delle etichette e degli studios, che una volta erano un tempio quasi mitologico dell’industria e della produzione musicale, deve adattarsi – con non poca fatica – a funzioni e valori differenti. Gli impatti negativi però sono di uguale se non maggiore peso: le scelte artistiche da un lato fanno meno differenza tra generi e rendono possibile una maggiore fluidità tra cultura alta e bassa, tra un’influenza musicale e un’altra. Purtroppo però il risultato è che gran parte delle produzioni tendono ad appiattire e a “semplificare” il canone (demonizzando il concetto importantissimo di complessità) verso una convergenza estetica e di contenuto quasi a senso unico: tutto estremamente “iper-compresso”, immediato e iper-sintetico.
Che da un lato è affascinante perché rappresenta bene la fotografia di questa epoca, dall’altro però genera un paradosso: per eccesso di varietà e fluidità si sta rischiando di uccidere entrambe, e di ridurre l’ascolto della musica a pura esperienza di sottofondo – proprietà che sicuramente la musica possiede, ma che non è certamente l’unica. Insomma, il messaggio (la musica stessa) sta diventando sempre più e unicamente il mezzo. Poi ci sarebbe tutto il discorso sui guadagni e sulle royalties, sui diritti dei lavoratori dello spettacolo, su un reddito garantito e sulle retribuzioni a nero, che necessiterebbe di mobilitazioni e sensibilizzazioni ferocissime che purtroppo al momento sembrano lontane anni luce dall’attualità, eppure sarebbero il tema più urgente per chi fa musica e per chi se ne occupa.
Mancino
L’avvento delle piattaforme streaming sicuramente ha facilitato un immediatezza nel distribuire le proprie idee ,i propri contenuti , non solo per un musicista ma per un creativo in generale. Per un’ emergente senza giganti alle spalle e senza produzioni è un arma a doppio taglio. Perché così come sono molto utili certi strumenti i come i reel su Instagram o le playlist Spotify, ormai però bisogna pure muoversi assecondando un algoritmo. Può portare a non avere autenticità nel raccontarsi, almeno questa è una mia personale paura. È tutto legato ad un certo engagement, a certi numeri, a come ti promuovi, soprattutto chi e come ti promuovono. Dirò un ovvietà un po’ patetica ma non è sempre merito del contenuto il successo di un opera. Ma è determinato da tanti altri fattori, non solo il contenuto, ahimè devi sollecitare numeri, non solo anime, entrare nel mondo dello streaming lo vedo come mettersi in fila ad lunga coda. A volte arrivi prima, a volte c’è lo “smistamento” per citare un grande film.
a cura di
Redazione