C'è posta per...

C’è posta per…vol.19

Tarararararara tun tun tun

Insomma ci abbiamo provato a replicare a parole l’inconfondibile “Love’s Theme” di Barry White, nonché la famosissima colonna sonora del programma che ha fatto della De Filippi l’eroina di tutti i sabato sera (passati a casa) della maggior parte degli italiani.

Noi di Postaindipendente non vogliamo avere la velleità di paragonarci al tv show dalla magica busta, eppure il nome della nostra rivista richiama l’idea di accogliere nella nostra (mail di) posta tutte le nuove proposte del mercato musicale emergente.

È stato impossibile così non dedicare, proprio ai protagonisti del nostro giornale, un format in cui, questa volta, a dover aprire la busta sono proprio gli artisti. Nasce dunque “C’è posta per…”: lo spazio in cui mensilmente accogliamo sui nostri divani virtuali le band o i singoli cantanti che hanno deciso di prendere in consegna una domanda dal pubblico.

La domanda del mese è: “Negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento significativo nel modo in cui la musica viene prodotta, distribuita e consumata, con l’avvento delle piattaforme di streaming e dei social media. Come pensi che questi cambiamenti abbiano influenzato il processo creativo e la tua relazione con il pubblico?”

The Monkey Weather

È come se ci fosse una overproduzione di materiale. I social amplificano la velocità, l’ansia di produzione, la fruibilità del frammento musicale rispetto al concetto che ci può stare dietro alla creazione del pezzo. Oggi per noi band “mature” è una sfida stare al passo con la “liquidità” di tutto questo. Il nostro intento è quello di comunicare l’importanza di vivere appieno il proprio presente, proprio per mitigare l’ansia, cercando di esprimerci con un live potente e più curato che in passato, in questo cerchiamo la nostra crescita personale, siamo certi vi piacerà!

DONE

Stiamo vivendo un periodo storico non facile per la musica: oggi un singolo o un album dura qualche settimana, giusto il tempo che ne esca un altro e sei già finito nel dimenticatoio. Anche la durata dei brani è diventata sempre più breve portando a limitare l’estro artistico e molto spesso capita di scendere a patti per poter essere più longevo possibile. Quando lavoro con il producer Francesco Fisotti però mi piace sperimentare e non pensare a nessuna di queste dinamiche. Per quest’album intitolato “Popcorn”, interamente prodotto da Francesco, infatti abbiamo voluto azzardare facendo esattamente l’opposto: abbiamo realizzato un EP che all’interno ha dei brani dalle durate non conformi agli standard della musica odierna e pieni di assoli suonati da musicisti che stimiamo, qualcuno li potrebbe definire lenti ma per noi son giusti così. Il pubblico che ci segue non sa mai cosa gli aspetta, molto spesso ci piace cambiare pelle. Grazie a un uso trasparente dei social riusciamo a tenere aggiornato costantemente chi ci segue, approfondendo i gusti, le estetiche e le visioni che si nascondono dietro i nostri progetti. Per questo motivo credo che i nuovi mezzi di comunicazione siano utili per poter ampliare i propri ascolti ed entrare in contatto con i supporter ma bisogna sempre ricordarsi di utilizzarli con consapevolezza.

KAYLA TRILLGORE

Da un lato questa democratizzazione dell’arte è stata un’ottima opportunità per proporsi e farsi notare, ma allo stesso tempo per un po’ di anni ha spostato negli anni sia la responsabilità di alcuni processi, sbilanciandola completamente sull’artista (dall’aspetto PR e promo a quello delle risorse utili al progetto), sia il focus con cui addetti ai lavori e non guardano a un progetto. Nel mio caso specifico in passato ho subito un po’ il colpo di entrambe queste facce della medaglia, lasciando che l’ansia della presenza sui social e i riscontri quasi cannibalizzassero lo spirito con cui creo, nonostante avessi una fanbase molto affezionata che mi spronava a continuare. A un certo punto ho deciso che era ora di rimettere al centro il contenuto della mia arte e non “il content”, ed è il modo più organico e sano per connettersi con il pubblico giusto e concentrarsi sulla qualità e originalità delle proprie proposte.

GO-DRATTA

Quello a cui abbiamo assistito e continuiamo ad assistere è un radicale cambiamento per la fruizione della musica nell’era digitale. Le piattaforme streaming hanno dato tanta libertà ed occasioni all’ascoltatore, fornendo servizi e prestazioni all’avanguardia per la ricerca e l’ascolto dei contenuti. Oggi è possibile ascoltare tutto ,tutti e da ovunque. Tuttavia esistono diversi rovesci della medaglia. Le piattaforme hanno dettato delle regole riguardo l’acquisizione dei master e mi riferisco ai lufs e Loudness, fornitori diversi e caratteristiche diverse. Credo sia anche esistita una sorta di “Loudness war” a cui però non ho partecipato.

Io ho la fortuna di potermi occupare anche del mix sulle mie tracce, poi passo la palla al mio studio di fiducia, che lavorando in trasparenza mi permette di rispettare tutto e di poter essere ascoltato bene a prescindere dal fornitore utilizzato. ll mio processo creativo e la mia relazione con il pubblico non è influenzata comunque da tutto questo, non sono mai spinto inoltre dal desiderio di non far “skippare” una delle mie tracce, oppure scrivere degli intro brevi pensando che possano annoiare meno il “consumatore”. Per quanto riguarda i social invece, cerco di fare del mio meglio. Interpreto lo strumento come una sorta di lettera con cui si fanno degli inviti e dove dare la possibilità a chi mi segue di essere informato sulle mie novità musical o di performance dal vivo, distribuendo link e materiali grafici.

LORENZO MINOZZI

Forse non appartengo alla generazione più adatta a poter comprendere l’impatto dei nuovi sistemi di distribuzione sul processo creativo, visto che sono nato dentro internet. Quando ho iniziato a condividere la mia musica c’erano già tutte le piattaforme con cui conviviamo oggi, questo impatto sul processo creativo posso al massimo immaginarlo. 

Sono sicuramente d’accordo con l’idea che la riduzione della soglia di attenzione costringe la produzione musicale a prediligere scelte semplici che siano in grado coinvolgere l’ascoltatore in quei temibili primi 10 secondi di canzone. Però bisognerebbe capire di che produzione musicale stiamo parlando, perché musiche diverse vivono di regole molto diverse e in molti casi opposte. In senso molto generale credo che questi cambiamenti nella distribuzione e nel consumo della musica siano entrati in relazione in maniera molto diversa con i vari mondi musicali, creando in alcuni casi dinamiche irrimediabilmente malate, ma in altri casi fertili.

Verrone

Spero lo abbiano influenzato in maniera minima. Il processo creativo è qualcosa di a sé stante e ritengo non debba essere toccato in alcun modo da cosa succede alla canzone una volta registrata e distribuita. Per me la scrittura è un gesto molto intimo e mentre mi ci dedico cerco per quanto posso di restare concentrato sulle parole e nulla più. Mi chiudo in una bolla.

Allo stesso modo non amo fare dei social media un uso troppo pubblicitario. Credo siano strumenti in grado di dare risalto ma c’è da stare attenti a non scadere nell’ipocrisia, mettendo in mostra esagerazione o finzione di sé. Li utilizzo in maniera essenziale, didascalica. Magari non ne sfrutto a pieno il potenziale ma non racconto nulla che non sia davvero mio.

AVARELLLO

Ciao ragazzi, grazie per la domanda. Onestamente non so come fosse prima delle piattaforme, perché quando ho cominciato c’erano già. Posso dirvi che il mio processo creativo non lo tocca nessuno, io sono serio, felice, triste, preoccupato, eccitato, rido, piango e grido. Io sono viscerale, scrivo di quello che mi pare e come mi pare, e lo vivo nella maniera più profonda possibile. Ci credo dal primo giorno, non che io diventi famoso o chissà cosa, ma che questo mi faccia stare bene. La mia musica è l’unica cosa che mi fa sentire vivo e me stesso. Mi sono messo a scrivere e cantare per non impazzire, per poter esprimere tutti i miei pensieri e turbamenti come posso, e se non riesco mi impegno, cambio e riprovo! La musica per me è cura, con la C maiuscola. Non c’è piattaforma o tecnologia che possa fermare questa parte di me. Il mio rapporto con il pubblico sta tutto – ed è sempre stato fin dall’inizio – nella dimensione live, quando suono in giro. Posso vantare di conoscere ogni mio singolo follower e di averci fatto almeno una chiacchierata, scambiato un abbraccio, un sorriso, un bacio o un’ubriacatura. Perché è questo quello che voglio dalla musica: scambio di emozioni e vita. Perché la musica deve smuovermi! Un abbraccio da parte mia a tutti.

KAMA

Se parliamo di produzione musicale, la rivoluzione è stata consistente. Produrre un disco vent’anni fa era più complesso, la strumentazione molto più costosa, i dischi “veri” si producevano in studi di registrazione attrezzati, con tecnici esperti. Oggi anche dischi multiplatino vengono realizzati in casa. Nel mio caso è stata una liberazione, posso lavorare di notte o nei tempi morti in totale autonomia. Il processo creativo è più fresco, più puntiglioso. Mi è capitato di produrre due o tre versioni dello stesso brano buttando via ore di lavoro alla ricerca del sound giusto. Quanto alla fruizione non mi piace molto questa “memoria a breve termine”, con brani che vengono succhiati e sputati in una settimana. Sarò nostalgico ma mi piacciono i dischi, credo che sia più interessante analizzare il lavoro di un artista intraprendendo un viaggio, con alti e bassi, con picchi emotivi differenti. È un po’ paradossale. I film vengono rimpiazzati da lunghissime serie tv che hanno di fatto più strumenti espressivi (basti pensare a Breaking Bad e alla lenta e quasi impercettibile metamorfosi del suo protagonista), mentre la musica si annichilisce in canzoni sempre più brevi e sempre più usa e getta. Non mi piace esprimere giudizi, non so se ci troviamo di fronte a un’evoluzione o a un’involuzione e non mi cambia molto. Mi sono svincolato dalle logiche commerciali tanti anni fa. Ora penso solo a fare la musica che mi piace e meglio che posso. È quello che mi fa stare bene. La relazione col pubblico invece è più bella e molto più interattiva tanto che ho deciso di distribuire il cd prima in formato fisico e solo in un secondo momento sulle piattaforme di streaming. Le persone che mi seguono hanno ricevuto il pacchetto col cd a casa… Molto romantico.

a cura di
Redazione

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