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“End of the World”: il diario di esplorazione musicale di Ushuaia

Tradurre in musica ispirazioni e suggestioni scaturite dai suoi viaggi questa è la missione del compositore “giramondo”

Viaggiare è ogni volta un’esperienza unica così come comporre musica, lo sa bene Ushuaia, figlio d’arte cresciuto a pane chitarre e tamburi e successivamente anche esploratore romantico e avventuroso, che dopo il suo viaggio dalla Patagonia all’Alaska, ha pubblicato per Vision & Vitality EntertainmentEnd of the World“, ora anche in versione strumentale.

Un’indole nomade per un compositore, polistrumentista e produttore che per definire la sua musica necessita di coniare un nuovo genere la Geo Music, non poteva che scegliere la “The Wanderlust Orchestra” (chiamata così non a caso) come compagnia fidata per questo viaggio musicale alle estremità del mondo. I componenti, tutte persone incontrate da Ushuaia durante i suoi viaggi, cambiano al cambiare del suono, del brano e dell’album.

Il titolo dell’album è ispirato alla definizione data alla città abitata più a sud del mondo: Ushuaia, conosciuta come “la fine del mondo” e situata nell’arcipelago della Terra del Fuoco in Argentina.

Un’esplorazione sonora divisa in due capitoli: “Far From Any Roads” dove spazi aperti ispirano sonorità folk ed elettroniche e “Concrete Jungles” dedicato alle grandi città tra R’n’B, Hip hop e soul. Con l’esigenza di riportare poi alla dimensione originaria il suo viaggio, Ushuaia pubblica “End of the World (Instrumental)” per dare maggior rilievo ad atmosfere, temi e beat che sono l’essenza del suo lavoro.

Con il consueto carico di curiosità abbiamo incontrato Ushuaia e abbiamo chiesto lui come nascono le sue passioni per la musica e le esplorazioni, ne abbiamo scoperta casualmente un’altra, quella per il cinema, della sua Geo-Music, volete sapere cos’è? Non vi resta che cominciare a leggere la nostra intervista a Ushuaia.

Ciao Ushuaia, benvenuto su Posta Indipendente. Ti senti più compositore o globetrotter?

Grazie, sono molto felice e onorato di essere qui. Accidenti, partiamo subito con la domanda più difficile. Mettiamola così: se dovessi scegliere tra una vita senza viaggiare o senza fare musica sarebbe un bel dilemma! Ma perché scegliere? La verità è che le due cose vanno di pari passo: senza viaggiare non avrei ispirazioni, suggestioni ed esperienze da cui attingere. E se non traducessi tutto ciò in musica, resterebbero solo bellissime immagini nei miei occhi e nei miei ricordi.

Quando e come sono nate queste passioni?

La musica è arrivata prestissimo nella mia vita, perché anche mio padre è musicista, quindi chitarre e tamburi sono stati tra i miei primi ‘giocattoli’. A 13 anni suonavo già nella mia prima band ‘seria’, motivo per cui ai viaggi ci sono arrivato un po’ dopo: per molti anni la maggior parte del tempo libero la passavo in sala prove o a suonare nei club. La scoperta del mondo era allora un’idea astratta, confinata alle suggestioni che mi offrivano romanzi, film e canzoni.

Il richiamo del viaggio è arrivato dopo, ma ora credo che sia stato bello maturare prima una sensibilità ad esso: quelle letture, quegli ascolti e quelle pellicole hanno formato la mia attuale attitudine romantica e filosofica all’esplorazione.

Cosa intendi per Geo – Music?

È un neologismo che ho coniato perché pensavo che “World-Music” non rendesse l’idea di quello che faccio; non del tutto almeno. Le mie composizioni infatti non hanno solo un sound o dei pattern riconducibili immediatamente a un luogo geografico, ma sono sempre il frutto di un’esperienza, a volte avventurosa a volte contemplativa, vissuta durante un viaggio.

E solitamente sono esperienze così uniche e tipiche del posto in cui sono nate che potevano accadere solo lì, come fuggire da un tornado in North Dakota o lasciarsi suggestionare dai racconti sulle sirene in Patagonia tanto da credere di sentirne il canto nel vento sferzante. Ecco perché il termine “Geo-Music”.

End of the world” è il tuo disco d’esordio, cosa rappresenta per te? Ci avevi già pensato prima di intraprendere il viaggio dalla Patagonia all’Alaska?

Assolutamente no: pensa che sono partito con il proposito di non togliere neanche un secondo alle esperienze che avrei vissuto per scattare migliaia di foto o video. Però durante il lunghissimo tragitto è venuto invece spontaneo collezionare storie, frasi, spunti sonori e melodie nella maniera più disparata: annotandole su un taccuino, disegnandole sulla pagina di un libro o registrandole col microfono del telefono. Una volta tornato a casa avevo un sacco di materiale: che farci? Ho pensato che tradurlo in un concept album sarebbe stato l’impiego migliore.

Questo è per me ‘End of the World’: un diario di esplorazione in musica, la colonna sonora del mio Viaggio con la ‘G’ maiuscola e, spero, anche di tutti coloro che vorranno ascoltarlo mentre stanno viaggiando o quando immaginano di farlo, quando stanno per partire o semplicemente stanno tornando a casa.

Ascolta “End of the World (Instrumental)” su Spotify
Quale esigenza ti ha spinto a scegliere di spogliare le canzoni della parte vocale e di arricchirle di nuovi assoli strumentali e riarrangiamenti nella versione strumentale del disco?

Da un certo punto di vista l’instrumental version di “End of the World” riporta l’album alla sua dimensione originale. Nasco come strumentista, non come cantante, motivo per cui, non sempre, ma spesso nella maggior parte dei brani arrivano prima le atmosfere, i temi, i beat, mentre le parole vengono dopo. E poi a volte, per paradosso, più una storia è buona, meno parole necessita per essere raccontata.

Però non volevo pubblicare un mero ri-export dei brani senza le tracce vocali. Volevo dare al pubblico un motivo in più per ascoltare anche questa versione, aggiungendo un nuovo strumento che compensasse l’assenza della voce o, in alcuni casi, riarrangiando completamente le composizioni dandogli un taglio orchestrale o immaginando come li avrebbe eseguiti una marching band di New Orleans.

“End of the World (Instrumental)”_Cover
Hai pensato ad una dimensione live per presentare “End of the world”? In quali luoghi ti piacerebbe far ascoltare la tua musica?

Ci penso più o meno ogni giorno. Uno dei punti di forza, ma purtroppo anche uno dei limiti della “Wanderlust Orchestra” è che è un ensemble molto ricca di strumenti. Inoltre uno dei tratti peculiari del progetto è quello di avvalersi di tante voci diverse, ognuna nativa del luogo in cui nascono le canzoni e grazie questo capaci di trasportarvi immediatamente l’ascoltatore. Replicare dal vivo il sound dell’album comporta un numero molto elevato di strumentisti e cantanti, che soprattutto nel panorama indie, è poco commerciale.

Devo ancora trovare una formula live snella, ma che allo stesso tempo non snaturi l’essenza del progetto. Quanto alle location, prediligo i club non troppo grandi, quelli nei quali anche l’ultima fila in fondo riesce a vedere bene i musicisti in faccia per intenderci. Ma sarebbe molto coerente anche in luoghi all’aperto inusuali“, che insomma facciano sì che già il posto in cui si ascolta la performance sia esso stessa una scoperta.

Dato che la versione strumentale del disco porta ancor di più a immaginare i brani come colonna sonora di un film, quale genere di film prediligeresti?

Questa è un’ottima domanda, perché mi permette di parlare della mia terza grande passione oltre alla musica e ai viaggi: il cinema. A dispetto del fatto di essere
un musicista, ho un’immaginazione molto visiva e mentre scrivo un brano nella mia mente si formano già frame e scene del film immaginario di cui sono idealmente la soundtrack. Ma è anche una domanda molto difficile, perché la risposta è tanto varia quanto lo sono i generi che esploro nell’album.

Il sound spazia dal folk all’Elettronica, dal Bluegrass al Rap o dall’RnB and Soul, perciò i brani potrebbero essere la colonna sonora di generi cinematografici molto diversi tra di loro. Quello che posso dire però è che fatico a immaginare la mia musica in un blockbuster, mentre la proietto facilmente in produzioni indipendenti, che hanno una forte componente autoriale a prescindere dal genere.

a cura di
Mariangela Cuscito

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