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Tiger! Shit! Tiger! Tiger! e la rivincita degli outsider: intervista

“Bloom” è il quarto album in studio della band umbra Tiger! Shit! Tiger! Tiger!, uscito il 23 febbraio 2024 per To Lose La Track (LP) e Coypu (cassetta)

Inutile girarci intorno: abbiamo “tra le mani” una delle realtà più promettenti italiane. Una band attiva da oltre una decade e che ha calcato diversi palchi e festival in Europa e negli Stati Uniti, tra cui il CMJ di New York e l’SXSW di Austin.

“Bloom” corre sui binari della gioventù sonica, tra reminiscenze grunge, shoegaze, indie rock e post-punk, attraversando scenari emozionali e violenti quanto desertici e aridi.

Un lavoro dal respiro internazionale – concepito, sviluppato e registrato tra l’Umbria (Foligno, per la precisione) e il basso Lazio – dove Diego Masciotti (chitarra e voce), Giovanna Vedovati (basso) e Nicola Vedovati (batteria) continuano a sperimentare nuove sonorità e linguaggi creativi, grazie alla collaborazione con Filippo Passamonti del VDSS Recording Studio di Frosinone.

Abbiamo incontrato Nicola e Diego per un’intervista.

Mettevi comodi e lasciate scorrere le dieci tracce in sottofondo. Successivamente, tornate ad ascoltarli e, soprattutto, andate a sentirli suonare dal vivo.

Ciao ragazzi, è un piacere avervi qui su Posta Indipendente. Com’è avvenuta la composizione e la scelta delle sonorità di “Bloom” rispetto ai precedenti lavori? Vi immaginiamo chiusi in studio e in sala prove ore e ore per scegliere con cura il giusto sound, nonostante le “chitarre” siano – purtroppo – un po’ démodé.

Nicola:
Hai colto perfettamente nel segno! Abbiamo lavorato moltissimo sulla ricerca dei suoni. La maggior parte del tempo passato in sala prove lo abbiamo speso per raggiungere l’equilibrio perfetto per far coincidere quello che avevamo in mente con quello che avremmo voluto suonare. E forse proprio questa percezione del fuori tempo legato alle chitarre – per  riprendere le tue parole – ci ha fatto sentire ancora più liberi di sperimentare e seguire meno le tendenze in circolazione.

Diego:
Bloom è legato a un periodo lungo e faticoso perché, nel frattempo, nel 2021 abbiamo cestinato un disco intero! Alla fine siamo arrivati alla conclusione che dovevamo trovare un equilibrio diverso tra melodia e potenza: ecco perché l’approccio è molto più heavy rispetto al passato. Inizialmente ho provato a rallentare i brani, cambiando continuamente accordature per capire se poteva funzionare. Poi ci abbiamo preso gusto e infatti l’ultimo brano scritto è Endless, uno dei più lenti e lunghi. In ogni caso, dopo 4 anni chiusi nella nostra sala prove in mezzo ai boschi, l’unico posto che poteva ridarci un po’ di luce era il VDSS Recording Studio. Credo che senza Filippo del VDSS questo disco sarebbe rimasto a vagare tra le montagne umbre.

Siete una band perennemente on the road. Quali sono i tre brani del nuovo disco che non vedete l’ora di suonare dal vivo?

Nicola:
Stones, Endless ed Empty Pool.

Diego:
Sicuramente Dark Thoughts, Memory  ed Endless.

L’artwork di “Bloom” è stato curato dalla visual designer newyorkese Keeley Laures che ha collaborato con diverse band internazionali tra cui Ride, My Bloody Valentine e Lemonheads. Com’è avvenuta la scelta e com’è stato lavorare con lei?

Nicola:
Abbiamo cercato a lungo qualcuno che potesse rappresentare al meglio le atmosfere di Bloom e che potesse tradurre graficamente il linguaggio musicale contenuto nelle dieci tracce. Per questo ci siamo da subito orientati verso la realtà artistica underground newyorkese ed è in queste ricerche che Diego si è imbattuto in Keeley, un’artista che già conoscevamo per i suoi lavori precedenti.

Diego:
Keeley vive a Brooklyn collabora con la Run For Cover Records e con alcuni locali storici di New York. Conosce molto bene l’immaginario che cerchiamo di esprimere con la musica. Fa dei poster veramente incredibili e ha la capacità di rendere attraenti fonts e immagini, in realtà, semplicissimi. Less is more!

In un mercato discografico saturo da autotune e social media, trovate che l’underground italiano riesca ancora a emergere nonostante i live club siano sempre meno?

Nicola:
Il panorama che descrivi risulta purtroppo molto reale ma crediamo che, se qualche luogo di resistenza ancora esiste, forse è da lì che si può ripartire per far rinascere la cultura underground fatta di chitarre e distorsioni.

Diego:
È un periodo un po’ strano per la musica in generale, soprattutto per il genere che ci appartiene. Certo, quando parliamo di live club nel 2024, mi sembra di essere vissuto nella preistoria. Non penso che ci sia meno curiosità; vedo solo poco coraggio in giro e paura di osare perché sono tutti presi dalle visualizzazioni mettendo in secondo piano l’essere autentici. Ma sono pronto a scommettere che là fuori c’è qualche outsider coraggioso pronto a spazzare via tutto e tutti.

Siete stati confermati per la quinta volta al SXSW, in programma ad Austin (Texas, USA) dall’11 al 16 marzo. Ve la sentite di raccontare un paio di aneddoti particolari in relazione alle vostre precedenti partecipazioni?

Nicola:
Non ricordo in quale delle edizioni a cui abbiamo partecipato ma, una sera, tornando a casa dopo un nostro concerto, ci hanno affiancato dei ragazzi su pick-up con la locandina di un nostro concerto urlando il nostro nome… erano decisamente su di giri! In altre occasioni abbiamo incontrato Bill Murray che si aggirava tra le venue del festival (era un assiduo frequentatore).

Diego:
Cose che non scorderò mai: nel 2010, cominciamo a suonare in un locale vuoto e, al secondo pezzo, era completamente sold-out; con Luca Benni di To Lose La Track, abbiamo fatto una bella chiacchierata con Norman Reedus di The Walking Dead; un memorabile concerto delle Vivian Girls in un bar alla periferia di Austin.

“Bloom” è disponibile anche in cassetta, una pratica ormai residuale. Possiamo affermare che questa scelta sia un modus operandi per mantenere vivo il legame con il circolo dei club e il passaparola?

Nicola:
In linea con le nostre precedenti produzioni, la scelta della cassetta è dovuta alla voglia di dare questo formato anche a Bloom ma anche al nostro desiderio di collaborare con i ragazzi di Coypu, i cui lavori ci sono sempre piaciuti. La cassetta è un oggetto che identifica un certo tipo di cultura musicale ed è bello avercelo da qualche parte tra la propria collezione di dischi.

Vi ringraziamo per l’intervista e, prima di salutarci, suggerite ai lettori una playlist di cinque brani di altri artisti per raccontare il vostro percorso musicale.

Whirr – Heavy
Title Fight – Liars Love
Sonic Youth – Brave Me Run
Weed – Thousand Pounds
They Are Gutting A Body Of Water – Texas Instruments

a cura di
Edoardo Siliquini

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