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STRE: un viaggio nei suoi brani tra sole, cuore e dolore

Ciao Stefano, come stai?
Ciao ragazzi, odio l’estate quindi vi dico in maniera molto sincera: male.

Come definiresti la tua musica in 3 parole?
Sole, cuore, dolore

Com’è iniziato il tuo viaggio nella musica?
Da appassionato è iniziato fin da bambino, tra le musicassette di mia madre, i video musicali in tv ed i concerti fuori la finestra (abito in una zona di Napoli dove negli anni 90 si facevano tantissimi concerti). Da musicista invece è iniziato prima come batterista, ho suonato per vari anni in vari gruppi punk e rock, ah prima ancora di appassionarmi al punk ho avuto anche una fase “rap” dove scrivevo lunghi testi su dei beat, mi è sempre piaciuto scrivere in generale. Da produttore, invece, è iniziato da un software di produzione musicale uscito dai cereali quando ero bambino, mi divertivo tantissimo a creare canzoni dance. Poi per anni ho messo in pausa i miei rudimenti da “producer” per riprenderli poi più avanti col mio progetto solista.

Un punto di riferimento a cui ti ispiri?
Le persone che ho amato.

Quando realizzi un brano, chi è la prima persona a cui lo fai ascoltare?
Non lo faccio ascoltare a nessuno fino al giorno dell’uscita, varie ex mi hanno odiato tantissimo per tutto ciò. In rarissimi casi ho fatto qualche eccezione e quando avevo una band mi arrabbiavo spesso anche con gli altri componenti quando facevano ascoltare in “anteprima” le canzoni alle ragazze. Diciamo che in generale l’idea di far ascoltare a qualcun altro una cosa spesso “incompleta” o “non definitiva” non mi piace. E poi, in questi tempi così “frenetici”, si è perso anche il gusto dell’attesa, della curiosità; secondo me anche quello ha la sua piccola importanza.

Cosa pensi del panorama musicale italiano di oggi?
Non saprei dare una risposta “univoca” perché non mi piacciono le generalizzazioni; diciamo che ci sono tante cose che mi piacciono molto quanto altrettante che disprezzo, o che non destano il mio interesse. Mi dispiace solo tanto che negli ultimi anni siano andati alla ribalta pochi nomi “nuovi”. C’è tanta bellissima musica in Italia, solo che tante volte “i poteri forti” se ne accorgono 15 anni dopo.

Sei un vero e proprio tuttofare: autore, interprete, regista, videomaker e polistrumentista: da dove arriva questa necessità di ricerca e sperimentazione?
Nasce un po’ per necessità, un po’ per passione; sono un amante del cinema, che insieme al musica è la mia più grande passione. Spesso dirigere i videoclip equivale un po’ a fare dei piccoli cortometraggi, la cosa mi stimola e diverte, è una altro mezzo dove poter dare sfogo alla mia creatività. In generale mi piace molto sperimentare e creare, mi da tanti stimoli per andare avanti, non solo nella musica ma proprio nella vita. 

“Pistola ad acqua”: come mai questo titolo?
Il titolo è nato per ultimo, volevo trovare un titolo un po’ fuorviante ed un po’ estivo. Ma era alla fine anche un modo per farne un discorso, come spesso faccio, metaforico. La “pisola ad acqua” rappresenta un po’ un offesa senza un apparente reazione, non uccide ma anzi ci rinfresca. Nel testo dico “E poi mi punti quella pistola, pistola ad acqua, acqua alla gola” metafora anche della volontà di colpire una persona in un momento già di difficoltà; ecco in quei momenti sarebbe molto più saggio cercare un compromesso o comunque un confronto sano, molte persone tendono invece spesso a urlarsi addosso o a puntare il dito contro l’altro non guardando mai però i loro atteggiamenti (spesso anche peggiori).

Ultima domanda: spiega ai nostri lettori perché dovrebbero ascoltare i tuoi pezzi
Perché la vita è difficile, ma fin quando siamo ancora qui, c’è sempre una possibilità per ricominciare; nella mia musica c’è sempre questa volontà (o meglio, questa necessità).

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