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Posta Ind(i)esiderata – Le lettere dei Control Toys e dei Magasin Du Café

Novità in casa Posta Indipendente! Arriva il nuovo format “Posta ind(i)esiderata – la raccolta epistolare del panorama emergente italiano”. Ogni settimana, un artista o una band avrà a disposizione uno spazio sul nostro sito per parlare della sua musica ad un destinatario scelto autonomamente.

Gli ospiti dell’appuntamento con “Posta Ind(i)esiderata – la raccolta epistolare del panorama emergente italiano” di questa settimana sono i Control Toys con la loro lettera a Franco Basaglia e i Magasin Du Café che invece scrivono a Morpheus.

Control Toys

” I giocattoli di controllo sono gli strumenti con cui il sistema manovra le masse, che come bambini inconsapevoli ne sono prigionieri. Il nostro obbiettivo è raccontare, in modo irriverente, provocatorio ma soprattutto ironico, il lato grottesco e malato di questa società. “

Il nuovo album “Soap Opera”: “È un concept album in cui si narra la storia di vita di Tasha Tashì. Dai primi anni della sua infanzia fino alla sua morte prematura e violenta. Ogni brano descrive le fasi più incisive del suo percorso, un viaggio chiassoso, frenetico, alternandosi a momenti di lucidità e consapevolezza. “

La lettera a Franco Basaglia

Caro Franco Basaglia,

Si può essere normali e vivi?

Ebbene nella pazzia.. c’è del metodo?

Il 13 maggio 1978 all’approvazione della legge 180 di riforma psichiatrica, ritenendo che i malati con disturbi mentali avessero gli stessi “diritti di cittadinanza” delle persone senza disturbi, si chiusero i così detti manicomi.

«una legge di civiltà».

Prima della 180 c’era la legge 36 del 1904, per la quale venivano internate nei manicomi le persone «affette per qualunque causa da alienazione mentale». Le condizioni di vita, in un manicomio, erano ben peggiori di quelle di un qualsiasi penitenziario…lo sappiamo

Il successo della Legge 180 ha permesso di restituire “valore” ai malati in essi reclusi. Il significato della legge è stato dunque dare “dignità” ai malati psichici ed ha contribuito a riconoscerli come “persona” a tutti gli effetti.

La ringrazio per questo, ma voglio porle una domanda:

Lei ad oggi, non crede che ci ha dannato a vita a finti liberi?

Ricordiamoci che l’Uomo non è buono…

a questa sola condizione ricordiamoci dell’Uomo.

Non era meglio liberarci da questa libertà?

Nulla è più confinante quanto la libertà.

Oggi anestetizzati, appiattiti nell’entusiasmo, disadattati e incompresi, emarginati…

non troveremo MAI il “posto” in questo sociale schifoso,

nel “dover essere” obbligatoriamente qualcuno…

Siamo liberi?

I Magasin Du Café

I Magasin du Café sono l’essenza della world music in chiave moderna. Amano suonare in luoghi incontaminati nella natura (laghi di montagna, fiumi, boschi, spiagge, foreste). Hanno creato dal 2020 un format di concerti alimentati da una bicicletta ed illuminati da candele. I loro concerti sono un’esperienza ancestrale, da vivere lasciandosi andare a quello che loro stessi chiamano flow. La voce ed la ritmica di questa band vengono dalla Sardegna, dove migliaia di anni fa vivevano i popoli del mare “Shardana”. Popoli che non appartenevano a nessun regno, a nessuna dinastia, ma semplicemente appartenevano al mare. Un omaggio alla natura, alla vita, alla libertà.

I loro concerti sono meditativi e spesso riescono a portare il pubblico in uno stato quasi ipnotico. Musica che ci parla di tradizioni lontane, in cui il grande Nord si mescola con l’Oriente, in cui i canti sciamanici dell’America e dell’Africa diventano moderni. Il sound è universale, i suoni sono esotici ma senza connotazione geografica, si mescolano al rock, al folk, all’elettronica, in un dialogo inedito tra i cinque musicisti.

Il nuovo album

Nel nuovo album i Magasin du Café inseriscono come elemento di novità alcuni testi per spiegare meglio il concetto culturale che sta dietro alle loro creazioni musicali, contrariamente agli album precedenti in cui la voce era usata come uno strumento musicale.

La storia raccontata è quella di un guerriero Shardana che parte dalla Sardegna, partecipa alle campagne di pirateria ai danni dell’Egitto, si offre come guardia personale di Ramses II, partecipa alla battaglia di Qadesh. Vivendo a corte scopre l’enorme sapienza sacra ed esoterica dell’Antico Egitto, entrando in rapporti di rispetto con sacerdoti e aristocratici. Queste nuove conoscenze lo spingono a ricercare le sue origini, le origini dell’essere umano e degli Dei. In un viaggio di unificazione, per tornare a dove tutto è iniziato, parte per raggiungere l’estremo Nord, verso quella che i Greci chiameranno migliaia di anni dopo Hyperborea.

L’album ha sonorità che richiamano il prog rock, il post rock e la world music. L’elettronica regala ritmo e un sound a tratti ipnotico, così come le voci con sonorità ancestrali degli antichi sardi e le armonie dell’Oriente.

Ancora una volta l’emozione è al centro delle composizioni, stavolta unita ad un concetto originale e poco esplorato: l’origine preistorica del nostro mondo, fatta di lotte, amori, scoperte. Temi modernissimi e universali.

La lettere a Morpheus

Caro Morpheus,

Nella lotta contro le macchine hai scelto un nome di battaglia importante: il dio che da forma ai sogni, deputato anche a risvegliare gli umani, perché il sogno va creato a occhi chiusi, ma vissuto a occhi aperti. Hai messo le mani nel torbido però, non sei rimasto abbarbicato al tuo Olimpo personale. Sei prima di tutto sognatore e fedele al tuo sogno. Un vero sognatore difende il suo sogno con la spada se necessario. Parlare di spada in questo periodo storico è molto pericoloso, lo sappiamo. Parlare di guerrieri può sembrare anacronistico in questo mondo di pace da salotto, che sembra dire “lasciateci credere che inneggiando alla pace non ci accada niente di male, e lo faremo”.

Gli Shardana non erano certo dei santi, né tantomeno dei combattenti per la fede o degli esportatori di democrazia. Erano guerrieri e artigiani, che comunicavano e si fondevano con gli altri popoli nel modo che conoscevano, nel Mediterraneo preistorico. L’integrazione e la migrazione erano un’esigenza sociale; la difesa dei territori e della propria cultura era l’unico modo per sopravvivere. L’atto violento era collegato ad un concetto sacro di guerra che abbiamo perso. Forse noi moderni tendiamo ad idealizzare troppo “gli antichi”, ma possiamo sceglierli come simbolo di una lotta ancora più sacra. Il conflitto oggi può diventare lotta contro noi stessi e le nostre sovrastrutture. É opportunità di crescita, toglie dalla zona di comfort e abitua a continui aggiustamenti, a cambi di paradigma e rovesciamenti di mentalità. Sono gli shock addizionali che insegnava Gurdjeff e che cantava Battiato.

L’evoluzione arriva così, adattandosi alle difficoltà e scrollandoci di dosso tutto quello che ci hanno insegnato, se necessario. Noi ci sentiamo un po’ Shardana, forse perché nel sangue di alcuni di noi scorre sangue sardo, dando ragione a quel senso esoterico del considerare il proprio corpo un’estensione della mente e della propria memoria ancestrale. Ma anche perché combattiamo contro un’appiattimento nell’arte che insegue le etichette e si uniforma in modo pericoloso. Cerchiamo di fare musica senza appartenenze. Sembra una lotta contro i mulini a vento, ma la nostra visione è salda, il nostro desiderio si basa solo su quello che vorremmo vedere davanti a noi. Lo vediamo già, in cuor nostro. Non è una lotta contro il mondo, perché il mondo è dentro di noi.

Caro Morpheus, ci puoi capire, tu che cercavi in Neo l’eletto, desiderato fino al dolore fisico. Si può dire che lui sia diventato l’eletto grazie al fatto che tu già lo vedevi così. É il valore quantistico dell’osservatore che cambia l’oggetto osservato. Se il mondo delle macchine in cui vivi lascia spazio ad un umano come te, noi siamo fiduciosi che possiamo andare oltre gli algoritmi. Certo, vivere in Matrix è una coccola, è quello che molti vogliono e difenderebbero con la vita. Noi non aspiriamo ad altro che a diventare ciò per cui siamo venuti al mondo. Scoprirlo sarà già un dono che molti non immaginano nemmeno. Ci sentiamo già tanto fortunati.

Sei un archetipo. Sei il maestro che desidera che l’allievo lo superi e che superi anche se stesso. Sei il cercatore del Graal. Sei l’alchimista chino sui carboni e sulla propria anima, che cerca la pietra filosofale. Sei l’eroe gnostico che lotta per far emancipare il nuovo Uomo. E poi sei anche un grande eroe cinematografico, di quelli cazzuti e sopra le righe, che non è poco. Perché possiamo anche voler cambiare il mondo e prenderci il nostro spazio con i denti, magari fallendo miseramente e orgogliosamente come gli Spartani di “300”, ma vorremmo diventare forti abbastanza per fare ciò che ci rende felici senza paura delle conseguenze e, soprattutto, divertendoci un casino nel farlo.

MdC

a cura di
Control Toys e
Magasin Du Café

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