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I Matrioska Social Club raccontano il loro album d’esordio

È uscito il 14 aprile 2023 il primo album omonimo della band Matrioska Social Club, anticipato dai singoli “Alibi” e “Regina cadente”, pubblicato e distribuito da (R)esisto

Il Matrioska Social Club è un collettivo che nasce dalla mente di Lorenzo Zizzi, chitarrista e cantante, con l’intenzione di creare un ambiente collaborativo in cui ogni membro possa proporre le proprie idee e competenze. Lui e il batterista Gian Piero Nicolì, amici fin da ragazzi, hanno lavorato insieme in diversi contesti musicali e band come Minerva e Token. Dopo dieci anni, il duo si è riunito per creare un nuovo progetto musicale di cui questo album è solo l’inizio.

Si tratta di “un disco omonimo con i titoli dei brani che invitano a scoprire le sue interiora. Come in una galassia scoprire i suoi sistemi solari, come in una società scoprire i suoi valori e i suoi limiti, come nel nostro personale mondo interiore scoprire noi stessi fino a comprendere che siamo l’insieme di esperienze che ci trasformano giorno dopo giorno.”

Posta Indipendente ha avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con i Matrioska Social Club. Ecco cosa ci raccontano!

Ciao Matrioska Social Club! È un piacere intervistarvi per Posta Indipendente. Siete amici fin da ragazzi e avete avuto esperienze simili in diverse band. Come descrivereste il vostro rapporto ad oggi? Quanto e come ha inciso nella creazione di questo nuovo album?

Ciao! Piacere di esserci nella vostra redazione. Il nostro rapporto è come tutti i rapporti di lunga durata caratterizzato da momenti vivi, pieni e solidi e altri un po’ meno resistenti ma tutto sommato quando ci si vuol bene si va al di là del bene e del male che può imbattersi contro. Di incidere ha inciso in modo abbastanza influente per via del passato trascorso in diversi contesti, poi abbiamo a avuto un lungo fermo per poi ritrovarci di nuovo fianco a fianco, a sfidare l’ignoto nelle corde di quella che per molti è considerata musica ma noi l’abbiamo sempre vissuta come un’esperienza magica e trascendentale.

Il vostro primo album omonimo esce il 14 aprile 2023 ma è stato anticipato dai singoli “Alibi” e “Regina cadente”. Perché sono state scelte proprio queste tracce? Pensate che “Alibi” e “Regina Cadente” possano rappresentare l’intero progetto?

Assolutamente no. Non ci deve essere, dal nostro punto di vista, in nessun modo, canzone alcuna che possa rappresentare un disco. Ogni brano ha la sua importanza e non deve essere messo lì per riempire un vuoto. Diciamo che sono le canzoni che abbiamo ritenuto più assorbibili ai primi ascolti rispetto alle altre.

Nei vostri profili social avete utilizzato il disegno di una matrioska che contiene una serie di altre figure somiglianti a divinità per presentarvi al pubblico. La matrioska ritorna anche nel nome della band e dell’album. Che significato ha? E come è legata a voi e al vostro album?

La Matrioska è un oggetto simbolo nella cultura internazionale, rappresenta la figura femminile come figura essenziale per la sopravvivenza della natura, raffigura una contadina peraltro, anche questo è un  altro elemento indispensabile per la sopravvivenza della specie. La fertilità della terra, senza di essa sarebbe la fine. E poi sinceramente il patriarcato ha rotto i coglioni! Questi uomini forti al potere che ogni giorno si sfidano e si contendono giacimenti, colonie, territori ecc. ecc. purtroppo danneggiano anche le fondamenta dell’ecosistema. Non siamo per una società matriarcale o patriarcale, siamo per una società che smette di possedersi e di omologarsi, che prenda la diversità come un pregio e non come un pretesto discriminatorio, per questo ci piaceva la Matrioska che coesiste nell’insieme di tante unità, racchiudendole poi in un unico corpo. Le altre figure ovviamente hanno a che vedere con le creature che sono contenute nell’album. Di per sé ogni album è una matrioska in fondo, dentro di esso ci sono canzoni diverse che coesistono e nell’insieme sviluppano una buona armonia e mandano avanti un concetto essenziale e ricco di contenuti (si spera).

Avete iniziato il vostro progetto musicale da poco e avete avuto modo di esibirvi in circoli e locali. Quali sono fino ad ora le sensazioni provate? Com’è il responso del pubblico? Quanto è importante avere un seguito per voi?

Le sensazioni provate sembrano essere positive considerando che siamo appena usciti dalla linea d’ombra, ci vuole del tempo e oggi non apprezzeremmo un riconoscimento lampo perché non sarebbe veritiero ma subdolo. Ci sono tanti esempi di popolarità nominale, succede che vieni riconosciuto nella forma più che nella sostanza. Ovviamente il riconoscimento è essenziale ma in primis facciamo quello che ci viene bene e che ci arriva dall’ignoto. Poi ovviamente elaboriamo le idee spuntate in origine.

Per “Ext”, terzo singolo estratto dall’album, avete collaborato con Pierpaolo Capovilla. Potete parlarci di come è nata questa collaborazione e di come è stato lavorare con lui?

Pierpaolo è una persona eccelsa, per nulla altezzosa, colta e piena di vita. Ha un energia radioattiva, la sua contaminazione è illuminante. È capitato che è passato spesso da Bologna in diverse situazioni dove si esibiva sul palco interpretando delle letture sceniche. Considerata la smisurata stima che ho maturato negli ultimi anni nei suoi confronti, diciamo che non me ne sono persa una. In qualche occasione abbiamo avuto modo e tempo di scambiare qualche impressione e chiacchiera. In una delle sue letture su Antonin Artaud rimasi suggestionato sul concetto di normalità e su quali certezze ci si basasse a quel tempo ma soprattutto, dal modo in cui il compagno in arte lo esplicava. Così un pomeriggio scrissi il testo di “Ext”, il tempo trascorse e gli chiesi se avesse voglia e tempo per terminare un ciclo che era partito da molto prima. Poi venne in studio una mattina e realizzammo il tutto in complice armonia. Da buon “cattivo” maestro ci ha lasciato la sua esperienza, una gemma della quale siamo orgogliosi di avere nel nostro repertorio. Il testo da lui interpretato è tratto da nuvole in calzoni di Majakovskij che ho scoperto e cominciato ad apprezzare sempre grazie a Pierpaolo. Esperienza fantastica! Sarebbe ancora più fantastico dividerne il palco in concerto in qualche occasione…

Avete detto in più occasioni che non potete definirvi un gruppo musicale bensì un collettivo. Che impatto pensate possa avere questa idea sulla vostra musica? Non temete che questo possa farvi perdere la rotta? O che una costante mutazione possa non essere apprezzata dal pubblico?

Sì, infatti lo confermo, credo che non avrà alcun impatto, proprio perché un collettivo non ha vincoli. È un progetto che viaggerà assestante da tutti i sottogruppi che ne verranno fuori (sempre se qualcosa ne verrà fuori). Quindi il power duo può essere una formula transitoria che quindi da sbocco e aperture ad altre esperienze (anche in piccole parentesi temporali) ma al tempo stesso una piattaforma stabile.

a cura di
Redazione

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