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L’mpegno di Gaube in “Kulbars”

Impegno e attenzione verso temi sociali d’attualità, passione per il cantautorato e il rock prog con strutture libere

È bello scoprire che ancora oggi ci siano giovani cantautori interessati a quello che accade nel mondo e a casa nostra, che attraverso la forma d’espressione che arriva più diretta e libera di tutte, la musica, le canzoni che mai come in questo caso sono tutt’altro che canzonette, affrontano temi scomodi e di scottante attualità.

Uno di questi nuovi cantautori è sicuramente Lorenzo Cantini, in arte Gaube, che ha pubblicato una settimana fa “Kulbars”, il suo primo album per Bonimba/Santeria/Audioglobe, prodotto da Francesco Cerasi.

È trascorso un anno dall’uscita dell’ultimo singolo “Confini”, un anno in cui il cantautore toscano ma bolognese d’adozione ha lavorato al suo primo album proseguendo nel suo percorso di definizione ed evoluzione artistica.

Gaube nel nome d’arte omaggia il cognome di sua nonna e le sue origini nordiche, ma nella forma canzone, che predilige, ricorda il cantautorato degli anni ’70 e le sonorità rock progressive. Quello che più balza all’orecchio è l’impegno di Gaube, la sua attenzione e intenzione di raccontare in musica temi sociali e orrori del presente che rischiano fortemente di oscurare anche il futuro.

Essere definito cantautore impegnato nel 2023 può risultare fuori contesto, ma non lo è, proprio perché tutto quello che accade quotidianamente impone una presa di posizione schietta e sincera anche da parte di chi fa arte.

Kulbars_artwork di Giulia Marinozzi
Arte e impegno politico

L’arte in generale e la musica in particolare devono tornare a farsi politica nel senso più puro del termine, questo è il mantra che muove Gaube. Esprimere il proprio dissenso attivamente ed impegnarsi concretamente affinché qualcosa cambi, perché anche la scrittura e la musica sono azioni concrete.

Come renderle aderenti alla realtà se non affrontando temi come l’immigrazione e le guerre che attanagliano numerose aree del pianeta ma che coinvolgono tutti? Non a caso la scelta del titolo “Kulbars“: i lavoratori che trasportano, anche illegalmente, merci sulla propria schiena tra i confini di Iran, Iraq, Siria e Turchia.

Tutto ha un suo significato e valore, anche se non passa sotto i riflettori del mainstream, forse anche per questo o a maggior ragione, merita attenzione. Così come l’ascolto delle nove tracce che compongono “Kulbars” richiede una sorta di impegno e dedizione che forse siamo poco inclini a dare per via del mare magnum di prodotti che ci tartassano le orecchie.

Farlo ci restituisce tanto in termini di esperienza d’ascolto. Infatti Gaube, se da una parte ricorda Fabrizio De Andrè e il Rino Gaetano più impegnato, dall’altra, strettamente musicale, ritroviamo i Verdena.

Ascolta “Kulbars” su Spotify
Kulbars e le sue tracce

Anche se Tutti aspettano qualcuno o qualcosa che faccia cose che tu ti aspetteresti soltanto da te, sii il cambiamento che vuoi vedere – così canta Gaube nella traccia che apre e dà il titolo al disco oltre a riassumerne i temi -“Kulbars” è composto da canzoni con strutture libere, spesso senza ritornelli sostituiti da parti strumentali.

In “Verme” si apprezzano le chitarre acustiche che accompagnano il monologo interiore del protagonista che prosegue nella successiva “Spettro”. Molto forte è anche la presenza del piano e delle chitarre elettriche che si mescolano perfettamente ai sintetizzatori.

Suoni e parole piene di metafore attraversano “Muri” come quelli di castelli di false libertà che si raggiungono spinti da fame, fiamme, inferno e triste necessità. Testi che colpiscono e inducono a riflettere sulle responsabilità ed errori/orrori di cui questa nostra strana umanità si macchia continuamente.

Protagoniste di quest’arte, che deve necessariamente tornare a farsi politica nel presente, sono quindi le disuguaglianze sociali, lo sfruttamento capitalistico, la crisi ambientale e quella della democrazia, le migrazioni.

Speranze, illusioni e amare consapevolezze

Orrori che rischiano di bloccare dietro le sbarre l’arrivo del giorno, se “Arriverà”. La speranza e la voglia di vedere la luce dietro al declino resistono, nonostante toccare il fondo è il nostro destino. (“La crepa, il declino”). Così anche chiedere ad un alieno di portarci via può essere la soluzione.

Bella la citazione di “Extraterrestre” di Eugenio Finardi in questo brano che appare come un’amara consapevolezza per una generazione, quella di cui Gaube fa parte e una grave responsabilità per le generazioni precedenti.

Il tema dello sfruttamento del lavoro nei campi e non solo è il leit motif di “Sangue Pt. 1 e 2”, tracce particolarmente pregne di avvenimenti, forse per questo era inevitabile dividerle in due parti.

Notti senza sogni, erranti insonni, soli in mezzo agli altri”

“Sangue Pt. 2”

Continui ed evidenti i rimandi tra una canzone e l’altra come tra “Arriverà” e “Confini”, le due tracce che esprimono al meglio la perfetta sintonia tra testo e sonorità.

Gli occhi sono solo specchi bugiardi , canta Gaube in “Confini”, che sono immaginari come le differenze, in quanto terre sconfinate e modellate dalle menti di chi vince (i potenti) con le mani di chi perde (i popoli).

Parole come macigni che sottolineano la piccolezza dell’essere umano che agisce o istiga violenza verso e tra i suoi simili, come chi specula sulla speranza dei migranti di costruire un futuro migliore in una terra straniera che non sempre si riesce a raggiungere.
Per fortuna la musica contribuisce a svegliare e sollevare le coscienze affinché si agisca il cambiamento che si vuole vedere nel mondo.

a cura di
Mariangela Cuscito

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