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“Felice”, la voglia di scena raccontata dai canale

La band emergente canale parla del suo primo album “Felice” prodotto da Enrico Zoi al Blue Dot Studio di Arezzo

I canale – Daniele, Francesco, Luca e Simone – nascono a Cortona nel 2021 sulla base di un progetto precedente che aveva già abbozzato tre delle dieci tracce del disco. Sono una delle pochissime band a parlare spontaneamente di scena. In un panorama discografico fatto da singoli artisti soli con il proprio mac, i canale tendono ad una rara genuinità ricercando un particolare senso di appartenenza indispensabile fino a qualche decennio fa per fare musica, ma diventato ormai un elemento accessorio tra i fanatici del dissing. Li contraddistingue un equilibrio perfetto tra consapevolezza delle proprie capacità e modestia che permette loro di lavorare sodo per la riuscita degli obiettivi prefissati.

Siete nati nel 2021, in piena pandemia; quanto ha influito il lockdown sulla vostra formazione e sul vostro modo di scrivere?

Simone: L’essersi formati sotto pandemia di sicuro non ha aiutato. Abbiamo fatto la prima prova a marzo e poi ci siamo ritrovati direttamente a fine maggio, quindi non è stato semplice. Io, Luca e Francesco venivamo già da una band. A fine estate è andato via il chitarrista e ci siamo messi a scrivere dei pezzi, ne abbiamo fatti quattro e a marzo abbiamo deciso di chiamare Daniele.

Daniele: Il problema è che noi stiamo in Toscana che è stata parecchio in zona rossa in quel periodo e abbiamo fatto una sola prova, tornando subito in lockdown con le restrizioni più pesanti. Praticamente non ci potevamo vedere se non rischiando di essere eventualmente fermati. Mi ricordo che i primi due mesi abbondanti di prove li abbiamo fatti con il coprifuoco alle dieci, le facevamo in orario di aperitivo, chi lavorava uscendo da lavoro il prima possibile e ritrovandoci prima di cena. Mangiavamo insieme in sala prove, nove e mezza massimo dovevamo venire via perché, anche abitando tutti vicini, volevamo essere sicuri di essere a casa prima del coprifuoco. Quello sicuramente non ha aiutato ad ingranare in maniera naturale.

Francesco: Il fatto che fossimo nel periodo del lockdown ha influito anche sui testi delle canzoni. Questa cosa qui, secondo me, si risente molto.

Tutto l’album sembra caratterizzato da un senso di solitudine, da una voglia di unirsi con altra gente…

Simone: Su “Tempesta” si chiude il cerchio, tutto l’album. “Voglio tornare a saltare in piazza, urlare” tutte le sensazioni che provi durante un concerto. Tutto il senso dell’album, più o meno, è racchiuso in quella canzone.

Daniele: Infatti quella lì fa parte del blocco iniziale dei quattro pezzi di cui parlava prima, precedenti al mio arrivo nella band che sono forse quelli più caratterizzanti. Dei pezzi scritti dopo, non so se ce ne sia uno che abbia quel tipo di taglio molto riconoscibile a livello d’impatto della pandemia.

Simone: Sì, quello è il più iconico

“Felice” mi aveva dato questa sensazione più degli altri…

Simone: “Felice”, più che altro, è nato mentre stavo guardando un film abbastanza felice, però la situazione in torno a me non lo era e quindi mi è venuta questa contrapposizione. A me è piaciuto subito ed ho sviluppato il testo là.

A tal proposito in “Felice” parlate di un posto; si tratta di un luogo fisico o di uno stato emotivo?

Simone: Era più tutto l’insieme, il mondo intorno a noi: i concerti, la musica. È un po’ difficile da spiegare così su due piedi, velocemente. È quello che ci circonda e le cose che facevamo prima del Covid che poi sono venute tutte a mancare.

Dal punto di vista sonoro, ho trovato “Felice” molto vicino alle band della scena rock alternativa italiana degli inizi del 2000 (FASK, Cara Calma); qual è il vostro rapporto con questo periodo musicale?

Luca: Lo troviamo abbastanza florido come ambiente, abbiamo anche delle amicizie in un certo qual modo vicine…Noi siamo di Cortona quindi conosciamo direttamente gli Elephant Brain e band del genere che ora stanno iniziando a prendere il giro. Sì, noi ci rifacciamo a quell’ambiente là cercando sempre la nostra identità.

Francesco: Se si parla di ambiente internazionale ti direi più Idles, Touché Amoré, questa roba qui. Se andiamo sull’italiano, Cara Calma è un paragone molto azzeccato, ma anche i primi Fast Animals, i Ministri, i Gazebo Penguins, Quercia.

Daniele: Tutto quello che va dall’alternativo, all’emo, al punk italiano. Anche a livello personale, extraband, cerchiamo di frequentare in maniera più assidua possibile quelli che sono i centri musicali di riferimento che sono ovviamente Perugia, come abbiamo già detto, in cui ci sono degli eventi abbastanza ricorrenti come Mercoledì Rock (è stata anche una delle ultime date che abbiamo fatto) in cui ogni settimana c’è la possibilità di andare in questa discoteca rock in cui c’è sempre un live. Un alto per noi molto importante è il Centro Onda D’Urto ad Arezzo che è un centro giovani autogestito in cui una volta al mese viene fatta una rassegna che si chiama “Art of Noise” e, anche lì, abbiamo avuto l’opportunità di suonarci l’anno scorso. In generale, a questa scena che hai detto te e anche andando più verso l’hardcore e andando un po’ verso il punk, questa è la scena a cui a livello emotivo ci piacerebbe appartenere in maniera stabile.

Siete emergenti e venite da Cortona, vi tocca la solita domanda: quali sono le maggiori difficoltà e le fortune del fare musica in provincia?

Luca: Non c’è nulla da fare in provincia quindi quando arrivi la sera dici: “Ma che facciamo?”, ci troviamo, entriamo in sala prove ed iniziamo a suonare. Se fossimo a Milano, potremmo andare a determinati eventi. Oppure la semplice difficoltà di trovare una sala prove: noi abbiamo una sala prove nostra quindi abbiamo tutto il tempo a disposizione per buttare giù le idee. Quindi ha dei lati negativi che alle volte possono essere visti come dei lati positivi.

Francesco: Secondo me, paradossalmente se stai su una città più grande, è vero, sì, hai un sacco di posti in più dove suonare, ci sono molti più locali, ci sono molte più situazioni; però qui siamo pochi e nel nostro paesino, nella nostra provincia, la gente sa più o meno chi sei, ti conosce come gruppo e questo è un bene.

Daniele: Poi per quello che riguarda concerti ed eventi, come dicevamo prima, abbiamo imparato col tempo anche a spostarci abbastanza sia per andare ad ascoltare concerti sia per accettare proposte di live, come indole che nasce prima del gruppo.

Simone: Da questo punto di vista siamo abbastanza fortunati perché stiamo in provincia però abbiamo tre città abbastanza vicine: Arezzo, Siena, Perugia…Se vogliamo metterci anche Firenze. I maggiori locali ce li abbiamo vicini.

Daniele: La mancanza vera è quella di una scena locale, possiamo riassumere così.

Luca: Qua in zona non è che ci siano grandi promotori. Ad Arezzo abbiamo la Wooworm, ma ormai è diventata bella grande, altrimenti c’è poco

Daniele: I festival che diventano centro di interesse ce li abbiamo. Vicinissimi abbiamo lUmbria che spacca a Perugia e il Mengo ad Arezzo. Però si tratta comunque di livelli belli alti, sono festival che non puoi chiamare per artisti emergenti. Se uno ha la fortuna di arrivarci sicuramente ci arriva quando ha una carriera ben sviluppata, tranne in rarissimi casi in cui magari una tale organizzazione si mette d’accordo con gli organizzatori e fa dei piccoli contest per cui puoi arrivare su quel palco, però comunque si parla dell’apertura, dell’apertura, dell’apertura…In termini concreti fa più curriculum che audience in un senso stretto.

Chi sono gli “Alieni” di cui parlate nella quarta traccia del disco?

Simone: Anche questa è nata da un film. Stavo guardando “Scary Movie”, è una cosa molto semplice. In pratica ci sono gli alieni che fanno la pipì dal dito, mi sono ispirato a quello praticamente, sono loro i nostri alieni.

Daniele: Spesso troviamo il significato di alcune cose che abbiamo scritto posteriormente. Come ha evidenziato tu, il mood che poi esce dalle canzoni anche per noi va esplorato al cento per cento. Ci rendiamo conto che alcune cose sono talmente intrinseche e profonde – non tanto nel nostro modo di scrivere, ma nel modo di essere – che vengono percepite all’esterno quasi prima di quando riusciamo a realizzarle noi all’interno che le abbiamo prodotte.

In “Stanza bianca” cantate “Provo a capire per cosa combatto, per cosa mi logoro”; per cosa combattono i canale, per cosa si logorano?

Simone: “Stanza Bianca” è nata da un diverbio che avevo avuto in casa. Io studio agraria ed ogni volta che porto idee innovative in casa per l’agricoltura diciamo che i vecchi della famiglia sono abbastanza contro. Quindi ho detto: “Per cosa mi logoro a fare? Per cosa combatto? Cosa studio a fare se le idee che possono essere migliori non vengono mai riconosciute?”.

L’album mi è sembrato ricco di valori, avete delle idee ben precise. Dal mio punto di vista in “Tempesta” fate un quadro quasi politico. Quella primordialità l’ho in qualche modo collegata al ruolo politico dell’artista…

Luca: Di base sicuramente non è un disco politico, non ha un’accezione politica reale. Però, indubbiamente, c’è sempre questo conflitto con altre idee, altre generazioni del passato che si ripete. Però non è un connotato politico, anche perché ormai sappiamo che certe ideologie sono abbastanza difficili da perpetuare e portare avanti.

Daniele: Secondo me si ricollega al discorso della situazione dalle nostre parti che può essere un’interpretazione parallela dell’album e di “Tempesta” sicuramente. Da quando eravamo adolescenti, ancora prima di suonare tutti e quattro insieme, abbiamo iniziato a suonare tutti abbastanza giovani: a quindici/sedici anni avevamo tutti una band, loro tre già suonavano in una band, io con altre. Nel corso degli anni, se da una parte la pandemia ha amplificato l’esigenza di tornare a quello che c’era prima, va anche detto che in quel pezzo c’è anche la nostalgia per qualcosa che non avevamo veramente fra le mani. Quando si parla della nostra zona in senso stretto, in realtà, quella fame di concerti, di stare insieme, di fare gruppo, di essere vicini ai nostri coetanei c’è sempre stata.

Tant’è che in altre interviste che abbiamo fatto, abbiamo sempre espresso in maniera molto chiara la convinzione che questo album l’avremmo scritto a prescindere. Per quanto “Tempesta” sia un pezzo figlio del Covid, sicuramente c’è molto altro dietro. Forse con parole diverse avremmo comunque espresso dei concetti ugualmente validi anche se questi due/tre anni non fossero stati quelli che sono stati. Da questo punto di vista c’è una mancanza reale che percepiamo che riguarda l’esprimersi e lo stare insieme in un certo modo. Secondo me, dentro questo contesto c’è molto di politico, non in senso partitico o ideologico, ma con la politica del fare gruppo, dello stare insieme, di vivere in una certa maniera.

Simone: Poi se tu ti riferisci al “Vivere contro le istituzioni, non più educati e carini”, quel verso della canzone è più che altro un verso nato dall’esasperazione della situazione Covid. Fondamentalmente, ne avevamo piene le scatole di stare in casa, chiusi, con le ali tappate da quella situazione là.

Fate tutto da soli, non avete un’etichetta alle spalle, questo vi rende più liberi o vi crea solo problemi?

Luca: Da una parte ci crea de problemi perché è da venti giorni dall’ultimo live che non facciamo altro che spammare il disco, quindi perdi un sacco di tempo dietro a queste cose. Da un altro punto di vista sei libero di fare quello che vuoi. Noi abbiamo tanti amici che ci danno una mano nei video, se vai su You Tube ci sono dei video autoprodotti con un ragazzo che si chiama Manuel, ci sono dei ragazzi che ci fanno le foto e il tutto fatto fondamentalmente per amicizia. Questo sicuramente è il lato bello.

Daniele: Abbiamo avuto la fortuna di riuscire a fare rete con chi ci sta intorno e alla fine gli amici che abbiamo da sempre per fortuna hanno anche diversi talenti. È stato bello da questo punto di vista scoprire che loro potevano aiutarci per il nostro progetto, ma allo stesso tempo fare qualcosa che gli piacesse veramente. Ora per esempio mi vengono in mente foto e video. Il ragazzo che si occupa delle foto è veramente appassionato di fotografia ed è stato contento di farcele perché torna bene anche a lui per il suo lavoro. Il ragazzo che ci ha fatto i video li fa per mille cose diverse, anche a livelli abbastanza alti.

Per la rete di conoscenze che abbiamo fatto gli abbiamo affidato il progetto di tre videoclip. Come diceva Luca, in un certo senso, canale è quasi una piccola azienda. Le menti di tutto, purtroppo o per fortuna, siamo noi che stiamo dietro a scadenze oppure che mettiamo da parte la musica suonata perché “facciamo ufficio”. Vuol dire stare lì, tutti e quattro dietro a quattro computer, inviare mail, sentire, telefonare oppure pensare a tutto il merch. È oggettivamente faticoso.

Francesco: Sì, se avessimo un’etichetta ci potremmo concentrare molto di più sul suonare, però decidiamo noi, non abbiamo scadenze al di fuori di quelle che ci imponiamo noi che è giusto imporsi per darsi dei paletti. Però sono le nostre, ci diamo degli obiettivi reali che secondo noi sono raggiungibili, poi se non li raggiungiamo non è che succede chissà che cosa: siamo sempre noi, siamo amici e la favola finisce bene.

Daniele: È un misto di autodisciplina sapendo che non andiamo in contro a conseguenze gravi che non siano solo un rallentamento della nostra tabella di marcia. Cerchiamo di essere molto precisi su questo, però non c’è quella pressione esterna che un’etichetta o altri contratti firmati potrebbero darti

Luca: Hai il cento per cento del controllo e poi conosci tutte le persone con cui lavori. Tutte le date live le troviamo noi e chi ci fa suonare è veramente gente a cui è piaciuto il disco, tutto quello che facciamo.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Simone: Abbiamo qualche data: a Chieti Scalo il 19 aprile e stiamo per chiudere la data del 15 aprile al Porco rosso che è un circolo ARCI a Perugia. Poi sono in aggiornamento, non abbiamo altre date sicure.

Luca: Facendo da noi, molte escono all’ultimo minuto. Chi ci vuole seguire lo fa sui social e vede un po’ quello che esce fuori via via.

Simone: Poi il lato booking non è sempre facile: molti locali si appoggiano alle agenzie e magari le proposte live di gruppi che fanno da soli non vengono neanche lette. Però cerchiamo di fare del nostro meglio.

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a cura di
Lucia Tamburello

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