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Gli Humus ci raccontano cosa “Non è giusto”

“Non è giusto” è il nuovo album diretto e feroce degli Humus che sottolinea nuovamente la particolare stoffa sonora e attitudinale della band trentina.

Il mondo è ingiusto, si sa, ma non sempre abbiamo il coraggio di dirlo ad alta voce. Gli Humus, rock band di Trento nata nel 2012, lo urla al posto nostro nel nuovo album intitolato, appunto, “Non è giusto”.

Il progetto nasce dall’incontro di Marco Palombi (Voce, chitarra), Lorenzo Faes, Stefano Negri e Fabrizio Lettieri. Nel 2013 pubblicano il loro EP d’esordio “Uno alla volta”. A distanza di cinque anni, tramite la collaborazione con il Blue Noise Studio di Fabio de Pretis, nasce l’album “Cambia Voce” che dal vivo porterà gli Humus a condividere il palco con importanti gruppi della scena rock nazionale e internazionale come i Ministri, Gazebo Penguins, Gogol Bordello. Dopo un breve periodo di stop, cominciano a lavorare al secondo album registrato presso il  Monolith Recordings Studio di Filippo Buono, argomento principale della nostra intervista.

“Non è giusto” arriva a distanza di circa cinque anni dal vostro penultimo album “Cambia Voce”; cos’è successo agli Humus durante questo periodo? È cambiato in qualche modo il vostro approccio alla scrittura, la vostra attitudine?

Sono successe un’infinità di cose e abbiamo inevitabilmente subito lo scorrere del tempo. Cinque anni fa eravamo artisticamente prolissi, prima di fare un pezzo potevano passare diversi mesi e dello stesso brano avevamo mille versioni. Oggi, dopo la lunga parentesi del Covid, siamo sicuramente più diretti e non abbiamo più voglia di perdere tempo. Stiamo cercando di tornare alle origini, quando la tecnologia era rudimentale e la musica più sincera. “Non è giusto” rappresenta un po’ questo cambiamento e, tra le altre cose, è il primo disco che scriviamo con la formazione attuale. Per riassumere: siamo cambiati? Sì, ma siamo sempre gli Humus. 

A tal proposito, come mai avete deciso di intitolare la traccia finale dell’album come il vostro disco precedente?

È una cosa che facciamo fin dal primo EP. In “Cambia Voce” era presente “Uno alla Volta” e in “Non è giusto” è presente “Cambia Voce”. L’ultimo pezzo riassume un po’ la nostra evoluzione fino a quel momento ed è un modo per chiudere il cerchio senza dimenticare ciò che siamo stati. È un po’ un tributo e un po’ un filo conduttore. 

“Qui non si può gridare più”. Negli ultimi anni in Italia i pezzi violenti e “pestati” come i vostri stanno diventando sempre più rari; quali sono i principali vantaggi e limiti “discografici” dettati dal vostro genere musicale?

I pezzi violenti sono rari nelle classifiche ma di rock, in Italia e nel mondo, se ne fa parecchio e viene anche apprezzato. Abbiamo sempre suonato ciò che ci piace e preferiamo non farci limitare dal mercato; anzi, siamo sempre pronti ad accogliere eventuali influenze da ciò che ci circonda. Ci sono cattivoni più cattivoni di noi che vendono bene e fanno tour. Sicuramente è una questione di qualità e di marketing ma se ce la fanno loro, c’è spazio anche per noi. Se anche una sola persona ci ascolta e riconosce in noi della bontà, abbiamo raggiunto il nostro obiettivo.

“Mi avete rotto il cazzo con le vostre domande” (“Offre la casa”), “Non fanno che infierire” (“Disatro”), “Ho smesso con il vuoto delle vostre opportunità” (Cambia Voce”). In molti pezzi puntate il dito contro una “collettività” avversa, ci potreste tracciare il profilo di queste figure antagoniste?

Noi stessi. Limiti e nemici non sono sempre esterni; prima di puntare il dito verso gli altri bisognerebbe affrontare l’ossario che nascondiamo nell’armadio. La società non è altro che il riflesso di ciò che (non) abbiamo dentro ed essere onesti con se stessi è l’unico modo che conosciamo per cambiare veramente le cose. Di tanto in tanto basterebbe semplicemente accettarsi, vivremmo tutti molto meglio.

Il vostro singolo “Se ne parla domenica” esprime la tendenza a procrastinare obblighi e doveri attraverso un paradosso: rimandare le cose al giorno dedicato al riposo. C’è qualcosa in ambito musicale o promozionale che rimandereste volentieri a domenica?

Preferiamo rimandare a giovedì, quando c’è ancora tempo ma non abbastanza per stare tranquilli. Non siamo grandi amanti dei social, preferiamo il contatto umano quindi post e storie le rimandiamo volentieri a domenica. Un cosa è sicura: non vogliamo più rimandare i concerti dal vivo.

Domanda d’obbligo: quali sono i vostri progetti futuri? Avete delle date in programma?

Il nostro primo obiettivo è tornare a suonare. Abbiamo già in programma la prima data pilota / di lancio il 25 Febbraio al Molin de Portegnach in Val di Cembra. Gli amici di Sorgente90 hanno sempre sostenuto molto il nostro progetto e non vediamo l’ora di fare un po’ di casino. Poi, con non troppa calma, stiamo già pensando ad un nuovo disco. Negli ultimi tre anni abbiamo accumulato molto e sentiamo l’esigenza di buttare fuori. Non sappiamo ancora come e quando ma sicuramente l’ultimo pezzo sarà “Non è giusto”.

a cura di
Lucia Tamburello

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