Riccardo de Stefano ci racconta il suo nuovo singolo “Quando viene sera”
Riccardo De Stefano, conosciuto per anni come critico musicale, ha deciso di addentrarsi nel mondo della musica come musicista. Infatti, il 20 gennaio, pubblica la sua seconda uscita “Quando viene sera”, anticipando l’album “Cronologia del futuro lontano”. Ci siamo fatti raccontare da lui stesso questo nuovo percorso.
Ciao Riccardo, benvenuto a The Soundcheck. Presto uscirà “Quando Viene Sera”, il tuo nuovo singolo. Il significato del testo è davvero interessante, ce ne parleresti in dettaglio?
“Quando viene sera” fa parte di “Cronologia del futuro lontano”, che sarà un concept album (e un progetto allargato ad altri media) e che in un certo senso racconta la storia di una persona. “Quando viene sera” è, se vogliamo intenderla così, una sorta di overture dell’album, che ne illustra le principali componenti sonore e i temi di massima.
Volevo che fosse un brano esistenzialista, ma senza essere troppo pedante, permettendo a qualcuno con un occhio più attento di capire il gioco interno al testo e alla natura polisemica delle frasi, o, in altre parole, come molti versi abbiamo un duplice significato.
L’ispirazione per questo genere di temi viene per me da Peter Hammill e dai Van Der Graaf Generator, storica band prog inglese dei ’70: Hammill per me è il migliore autore di testi – e io non mi ci avvicino neanche lontanamente – e quelle sue tematiche mi hanno influenzato. Come mi hanno influenzato gli scritti di Aleister Crowley e David Lynch, specialmente la terza stagione di Twin Peaks.
Il brano, tratta di uno, se non il più grande interrogativo che l’uomo si pone dall’alba dei tempi. C’è chi ne dà un significato spirituale, altri non ne danno alcun senso, considerando la nostra esistenza come una cosa fine a se stessa. Tu che risposta ti daresti?
Riprendo Peter Hammill della risposta di sopra, perché la mia risposta si estrapola da una sua canzone, “Childlike faith in childhood’s end” (da “Still life”). Credo che siamo troppo piccoli (sia di dimensioni che di “età evoluzionistica”) per capire il nostro posto nell’Universo, e siamo troppo legati alla nostra esistenza per comprendere che la Vita è quasi un soggetto a se stante, molto più grande e importante del singolo. Se l’Universo è un sistema chiuso, non esiste niente dentro un sistema chiuso che sia inutile, e così anche la Vita avrà una sua funzione e un suo ruolo, che si perderà nei miliardi di anni che ci aspettano di fronte.
Dagli studi di filologia, sei arrivato alla musica, riuscendo comunque a riprendere gli studi nella tua arte. Come ti sei appassionato alla musica?
Come tanti adolescenti dei primi anni ’00, c’era poco internet e tanta tv spazzatura, con musica spazzatura. Non so com’è oggi, ma all’epoca la musica te la facevano scoprire gli amici e i parenti e così è stato. Dagli ascolti casalinghi del progressive fino a un fatale ascolto di “Led Zeppelin IV”, ormai più di vent’anni fa, la mia formazione musicale si è costruita cercando qualcosa che fosse “diverso” da quello che avevo intorno. Credo che la mia musica ne risenta.
Quali sono le tue principali influenze musicali?
Per quanto sia odiosa come risposta, ma tanto per motivi professionali quanto per passione ascolto musica da tutto il mondo e di ogni epoca. Senza essere spocchioso, mi limito a dire che in questo brano, come nel disco “Cronologia del futuro lontano”, ho scelto una precisa palette sonora, che è quella dell’art rock anni ’70. L’idea, insieme al produttore Nicola d’Amati, era di avere un wall of sound di ispirazione spectoriana (come quello in “All things must pass” di George Harrison o dei Beach Boys di “Pet sounds”), unirlo all’art rock ’70s (tipo i The Who) e renderlo più contemporaneo avvicinandolo al sound di Arcade Fire e Sufjan Stevens (di “Illinois”). Con la deliberata scelta di fare rock sostituendo i riff di chitarra con i synth monofonici, sono emerse tutte le influenze progressive della mia vita, anche se non lo considero un lavoro “prog”. Per me, è un incrocio da Win Butler, Brian Wilson e Pete Townshend.
Presto verrà pubblicato il tuo nuovo album, “Cronologia del futuro lontano”, cosa dobbiamo aspettarci?
Intanto che come detto sarà un concept album, in barba all’epoca dei singoli. È un percorso, non per forza una storia lineare, che ha una unità di fondo sonora – e testuale – ma va in tante direzioni diverse. Ha brani rock, ballate, brani più sperimentali e penso che ci siano tante idee musicali dentro. Raccontando un’idea, più che una storia netta, ho pensato di accompagnarlo con una serie di oggetti diversi, tra cui un libretto, per fornire un’esperienza completa a chi si interesserà.
È un lavoro di cui sono molto orgoglioso, qualcosa di cui avevo bisogno personalmente per ritrovare il piacere della Musica, al di là del business e del gossip e di tanto pop inutile che ci circonda.
a cura di
Morena Kercuku