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Fredd0°: “racconto la mia ricerca di senso sull’esistenza”

Davide Norcini in arte Fredd0°, chitarrista e polistrumentista Teramano, dopo un disco autoprodotto è tornato sulle scene con un secondo album uscito il 9 gennaio; “I soldi, l’amore e la morte”.

Conosciamo meglio il “Fredd0°”

Fredd0°, nome d’arte di Davide Norcini, nasce a Teramo e inizia a suonare la chitarra all’età di dodici anni. Poco tempo dopo, suona e strilla nella band Mistero della Fede per poi trasferirsi a Bologna e fondare gli Zarr. Dopo anni di concerti in cui è parte attiva nell’organizzazione di festival per band locali fra Bologna e Teramo, decide di intraprendere la sua carriera solista.

Il concept del progetto di Fredd0°

Il progetto di Davide Norcini in arte Fredd0° è quello di esprimere tutto il contrario di tutto. L’obiettivo è quello di liberarsi dalle convenzioni e dalle regole del politicamente corretto per cantare al mondo delle verità del singolo diventando così portavoce della collettività.

Incuriosita dal progetto musicale di Fredd0° ho avuto di modo di intervistalo, buona lettura.

Ciao Davide, benvenuto su Posta Indipendente! Ti va di raccontarci come nasce il tuo nome “Fredd0°?

Nasce quando avevo già finito di scrivere il mio primo disco, “La crisi”. Gianluca, un mio amico, venne a trovarmi a casa, gli feci sentire un po’ di canzoni e gli dissi che non sapevo come chiamarmi, mi suggerì di chiamarmi Fredd0°, perché dico quello che penso senza censura, restando freddo, come se fosse niente.

In realtà molte delle mie canzoni parlano di temi delicati, anche se a tratti fanno anche ridere, questo è perché mi piace argomentare sotto diversi punti di vista, anche i più beceri a volte.

Com’è nata la tua passione per la musica e quando hai capito che era la tua strada?

La passione per la musica è nata in me quasi automaticamente, ma di contorno c’entra sempre la mia famiglia. Sin da piccolo, facevo la terza elementare, mi appassionai alla musica metal, me ne parlò mia madre perché la ascoltava a sua volta da giovane; quindi, mi feci comprare dei cd e mi piacque al volo, lei capì che poteva essere importante per me e assecondò questa cosa, nel giro di poco andavo alle elementari vestito tutto di nero, con le borchie e i capelli lunghi, il risultato fu che nessuno voleva più giocare con me, ma non mi interessava.

La musica, e soprattutto quella musica, mi faceva sentire libero, poi in adolescenza conobbi altri amici che cantavano “Running free” degli Iron Maiden ma io ero già passato ad altro e nel frattempo avevo iniziato a suonare la chitarra. La chitarra era quella di mio padre, lui non riuscì a suonarla e la lasciò a prendere la polvere finché non la presi io, dopo un po’ di tempo di studio autodidatta, mio padre mi iscrisse a una scuola di musica, poi venne tutto il resto. Non so ancora se la musica sia la mia strada, nel senso che è sempre stata una cosa che ho coltivato parallelamente allo studio e oggi al lavoro. Se dovrà essere la mia strada, la percorrerò sicuramente.

Il 9 gennaio è uscito il tuo secondo album “I soldi, l’amore e la morte”, questa non è un’uscita canonica, si tratta infatti di un progetto che vedrà la pubblicazione di dodici canzoni, dodici racconti e dodici fotografie. Com’è nato questo progetto e il concept di musica, storie ed immagini? Come lo descrivesti con tre parole e tre colori?

Il progetto è nato subito dopo la fine del mio percorso di studi, i temi sono quelli enunciati nel titolo, dei temi che hanno a che fare con tutti. Per i “soldi” intendo qualcosa di strettamente materiale, di terreno, “l’amore” è il sentimento che ci rende diversi, speciali, “la morte” è la fine a cui tutti andiamo incontro. Il progetto non fa altro che descrivere con diversi medium artistici la mia ricerca di senso sull’esistenza, non vorrei essere preso per uno che crede di aver trovato il senso della vita per carità, è soltanto una ricerca e di solito le ricerche non portano a niente, anzi, quando sono fatte bene sono capaci di generare altre domande piuttosto che risposte. Quindi, lascerei ai lettori di posta indipendente la fruizione del progetto, mi farebbe piacere sapere di aver dato modo a qualcuno di riflettere, vorrebbe dire che ho raggiunto il mio obiettivo.

Per le parole sceglierei quelle del titolo, a queste assocerei il giallo ai soldi, perché si dice: “il colore dei pazzi”, il blu all’amore perché è il colore che ha a che fare con la spiritualità e il nero alla morte, perché per come la vedo io, ad oggi, poi non c’è più niente e quindi non si vede più niente, rimane tutto nero. Il bello però, è avere la possibilità di continuare a cercare, finché si può.

Prendendo spunto dal titolo “Soldi, amore e la morte” che rapporto hai con queste grandi tematiche che riguardano la vita di tutti noi? Inoltre, che messaggio vuoi trasmettere attraverso il tuo progetto discografico?

Riprendo dalla domanda precedente. Il mio rapporto con queste tematiche riflette anche nel messaggio che voglio trasmettere. Io, con estrema umiltà e nonostante tutto, continuo a cercare. Sarebbe bello quindi, se tutti facessimo la stessa cosa nel nostro piccolo invece di accontentarci troppo.

Se dovessi scegliere una sola canzone dell’album per promuovere il tuo lavoro quale sceglieresti e perché?

Per promuoverlo? Non sono bravo a “promuovermi”, credo proprio di non sapermi vendere, tanto che poi quando capito per caso a suonare da qualche parte il titolare ci rimane sempre di cazzo, nessuno mi darebbe una lira e poi alla fine è sempre un’altra storia. Facciamo così, prendetevi del tempo, cosa che non ha nessuno, e ascoltate tutto il disco.

Nel brano “Ognuno” canti “Ognuno vuole essere ascoltato” tu hai mai avuto la sensazione nella tua vita di essere sentito distrattamente e non ascoltato? Pensi che nella nostra società ci sia propensione all’ascolto?

No, non credo ci sia propensione all’ascolto. Credo che la nostra società sia molto individualista, per questo, ognuno vuole essere ascoltato ma nessuno ascolta l’altro. Non credo neanche che a qualcuno interessino le mie parole e che qualcuno riuscirà a leggere quest’intervista fino alla fine, chi sono io? Chi vorrebbe essere me? L’unico modo forse è questo, se c’è qualcuno che vorrebbe essere me a quel punto potrebbe essere interessato a me, ma soltanto per una questione sua, individualismo, appunto.

In generale, invece, hai qualche artista che nel tuo percorso artistico rappresenta un punto di riferimento? Inoltre, cosa troviamo nella tua playlist?

Non ne ho uno ma tanti, ascolto tanta musica e di generi diversi tra loro, se poi capisco che mi piace particolarmente qualcosa, la approfondisco fino a cercare di carpirne i segreti, soltanto poi, posso ispirarmi a questa durante la composizione. In questo momento sto riascoltando i Camillas, ho riscoperto Lou Reed e mi sono fissato con il nuovo disco dei Placebo, sono stato anche a vederli dal vivo a Milano.

Leggendo la tua biografia ho scoperto con piacere che ti sei occupato di colonne sonore per diversi progetti cinematografici e sperimentali, come nasce il tutto e quali eventuali differenze riscontri nella realizzazione di una colonna sonora rispetto a un progetto musicale tutto tuo?

Il tutto nasce negli anni universitari, lì ho avuto la possibilità di collaborare con un’associazione teatrale e comporre delle parti di chitarra per un piccolo corto introduttivo insieme a un mio coinquilino. Lino, il coinquilino che suona il violino, lo saluto! Ho capito sin da subito che per comporre qualcosa che sia capace di legarsi a un video già fatto, perché il più delle volte ho lavorato così e non all’inverso, bisogna mettersi al servizio del video e delle immagini. È un modo diverso di comporre, che mi stimola tantissimo e che riesce a nutrire la mia voglia di sperimentare.

Successivamente ho collaborato ad altri progetti importanti e la cosa è andata avanti da sé, il più recente si chiama “La Pinacoteca si ascolta”, è un progetto di cui vado molto fiero perché unisce le mie più grandi passioni, l’arte visiva, sono laureato in storia dell’arte, e la musica. In questo caso ho composto insieme al gruppo di lavoro delle “colonne sonore” per quattro dipinti esposti nella Pinacoteca Civica di Teramo. Anche in questo caso ci siamo messi al servizio delle immagini e abbiamo estrapolato da queste dei suoni che evocano già di per sé ma che il visitatore non è abituato ad ascoltare. Grazie a delle cuffie fornite all’ingresso il visitatore può ammirare i dipinti in maniera diversa, ascoltandoli con gli occhi.

Desideri condividere uno spoiler su tour e progetti futuri con i meravigliosi lettori di posta Indipendente?

Il mio pensiero fisso per adesso, è quello di registrare un altro disco. Lo scorso novembre ho partecipato e vinto il primo posto del contest musicale: “Homeless Fest”. Lì ho suonato delle canzoni inedite che hanno avuto riscontro positivo presso il pubblico del contest, la vittoria mi ha garantito la possibilità di registrare un disco in uno studio professionale, non vedo l’ora di iniziare, di finire e di farlo ascoltare in giro.

Grazie Fredd0°

Ad Maiora!

a cura di
Francesca Cenani

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