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L’album esordio di Campi: “Un ballo di Altalene”

Già disponibile dal 9 dicembre su tutte le piattaforme il nuovo album di esordio di Andrea Campi “Un ballo di Altalene”. L’album è stato anticipato dal singolo “Bologna Sospesa” che racconta la sensazione di incertezza che sente ogni giovane davanti ad un futuro dubbioso. Con quest’album, infatti, ha voluto descrivere un sentimento comune nella sua generazione

Il minimo comune denominatore del disco è il sentimento di sospensione, la sensazione di sentirsi in bilico tra i momenti di spensieratezza e quelli di ansia che accomunano la generazione di oggi. “Un ballo di Altalene” rappresenta quella costante lotta per cercare di spezzare i fili di quelle altalene metaforiche e spiccare il volo.

Nato a Bologna nel 1997, Andrea Campi, in arte Campi, si appassiona subito alla chitarra, canto, pianoforte e composizione a soli dieci anni. Laureato in Lettere Moderne, si trasferisce poi a Milano per affiancarsi ad artisti e produttori per riuscire finalmente a realizzare il suo sogno. Posta Indipendente l’ha intervistato per voi!

Ciao Campi benvenuto a Posta Indipendente! Ti va di raccontarci come ti sei appassionato alla musica?

Ho iniziato da bambino. Sono un figlio d’arte quindi la musica e lo spettacolo sono sempre stati intorno a me. In casa in realtà avrebbero voluto vedermi diventare un giocatore di basket, ma ho sempre avuto la testa tra le nuvole. Il sabato dopo la scuola e gli allenamenti ho iniziato un corso di chitarra. L’istinto è stato subito quello di provare a comporre melodie. Poi ho sempre scritto tanti racconti fin da piccolo, infatti mi sono laureato in lettere moderne ed ho seguito molti corsi di teatro. La scintilla vera per le canzoni però è nata da ragazzino. Ascoltavo Samuele Bersani e mi aiutava a calmarmi dagli attacchi di panico. Poco dopo è uscita “En e Xanax” e l’ho preso come un segno. È stato uno stimolo ad iniziare seriamente a scrivere canzoni.

Come e quando hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?

A diciassette anni ho fatto ascoltare le mie prime canzoni ad alcuni addetti ai lavori che sono rimasti subito colpiti. In più quello che scrivevo sui banchi del liceo veniva cantato ed apprezzato da molti amici. Sembra brutto da dire ma questi piccoli riconoscimenti esterni sono stati uno stimolo a continuare a lavorare e non mollare mai. In più ho sempre avuto una fortissima passione, quasi un’ ossessione, per la musica e le canzoni. È quello che amo fare davvero.

Prima di parlare dell’album, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare il tuo singolo “Bologna Sospesa”. Questo brano parla della tua città, come lo descriveresti?

È un brano che ho scelto come primo singolo perché credo sintetizzi in qualche modo quello che sono in questo momento artisticamente. È una canzone che ha dei riflessi cantautorali nel testo ma allo stesso tempo credo sia molto fresco nelle sonorità e nelle melodie che guardano al pop. Ha un tempo dal gusto funky. Un mood felice che sottotraccia parla della sensazione di incertezza e disorientamento davanti ad un futuro che non offre molti punti di riferimento. Ma a volte è bello così: ballare sospesi in equilibrio sulla speranza.

“Un ballo di Altalene” è il tuo disco di esordio. A cosa ti sei ispirato per comporre l’album?

Non ho avuto dei riferimenti precisi, ho cercato semplicemente di esprimere in modo naturale quello che sento in questo momento della mia vita. Il filo rosso, che è già contenuto nel titolo “Un ballo di altalene”, è l’idea di sentirsi sospesi, in bilico tra slanci di speranza, di bellezza e momenti in cui l’incertezza, le paure, l’ansia sembrano dominarci. Il concetto è quello di ballare sospesi in aria, continuare a lottare e cercare di spezzare i fili di queste metaforiche altalene e prendere il volo. Davanti a questo sentimento all’interno del lavoro c’è un deus ex machina che ricorre: si tratta della leggerezza, della condivisione, dello stringersi davanti alle difficoltà e fare collettività. Credo che il riscatto non possa più essere soltanto individuale, perché nessuno si salva da solo. Sicuramente in futuro cambierà il mio modo di vedere le cose e di conseguenza i contenuti saranno diversi, ma credo che ora questo lavoro mi rappresenti molto.

Qual è la canzone all’interno dell’album che ti sta più a cuore?

“Non Moriremo Mai”. È stata scritta completamente di getto in venti minuti. Un fiume di ricordi, paure, difficoltà, momenti di felicità, gioie e dolori, scorrono come immagini incessanti. Il ritornello si ferma come una macchina da presa sull’istante in cui qualcosa ci fa percepire la magica sensazione dell’eternità. Sentire che alla fine siamo tutto ciò che viviamo oltre quello che verrà. E che le cose ci restano addosso al di là del successo e del fallimento.

 In generale invece, quali artisti hai come riferimento per la tua musica?

Sono stato molto influenzato dalla scuola bolognese: Dalla, Bersani, Carboni, Cremonini, etc. sono stati dei punti di riferimento. Ho sempre sognato di entrare a fare parte della scena musicale della mia città. Poi sono un fan sfegatato dei Beatles, David Bowie, Velvet Underground, Battisti, Coldplay e tantissimi artisti contemporanei.

Nella tua playlist in questo momento, qual è il brano di cui non puoi fare a meno?

“Nessuno Vuole essere Robin”, un capolavoro assoluto che racconta in modo eccellente ciò che si prova a vivere società in cui tutti vogliono essere protagonisti. Ci mette in maniera spiazzante davanti al fatto che siamo tutti fallibili, e dobbiamo fare i conti con questa realtà.

Ti va di fare qualche spoiler su un progetto futuro?

Oltre a continuare a lavorare come autore, che è una cosa che amo moltissimo e mi permette di sperimentare su generi e stili diversi, il primo passo sarà innanzitutto cercare di suonare il più possibile dal vivo e fare conoscere la mia musica. Successivamente, visto che questo è un disco nato all’improvviso che non mi ha dato quasi il tempo di pensare, solamente di esprimere in modo sincero e naturale quello che sono, vorrei ragionare una canzone alla volta.

a cura di
Aurora Oddi

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