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Il “Mea Culpa” dei Trauma contro il declino dell’umanità

La band marchigiana, ispirata dalla scena indipendente americana degli anni ’80, ci presenta l’EP frutto dell’alienazione e solitudine del periodo 2020/2021

Il momento storico difficile che ci stiamo mettendo alle spalle è stato spunto per i Trauma che, non potendo portare la loro musica in giro, hanno deciso di produrne di nuova. “Mea Culpa”, inciso nella loro sala prove con l’amico dj e produttore Enrico Lucarini, è una riflessione lucida e cruda su temi forti che spesso rifuggiamo come la colpa, il peccato, il vizio, l’errore, in particolar modo sulla responsabilità collettiva ma soprattutto individuale della catastrofe e autodistruzione a cui ci stiamo condannando.

“Mea Culpa” arriva dopo che i Trauma avevano riscosso un buon riscontro di critica con il primo EP omonimo pubblicato il 14 febbraio 2020, da cui è tratto il singolo “Krueger”. Le sonorità che pervadono le cinque tracce di “Mea Culpa”, edito anch’esso da Seahorse Recordings, sono naturalmente ruvide, con ritmiche e riff ossessivi. Chitarra, basso e batteria accompagnano la voce, senza sovra incisioni e altri strumenti, restituendo suoni e testi diretti ed essenziali. Protagoniste dei testi sono quindi vicende quotidiane e personali che però ci accomunano tutti, in quanto parte dell’umanità.

Sostenitori del valore educativo dell’arte e della musica che per loro è un mezzo per comprendere l’ignoto ed esorcizzare le paure, e per dare forma ai sogni e agli incubi che ognuno di noi ha, ci presentano il loro personale e universale “Mea Culpa”. Per l’occasione abbiamo contattato Giacomo Pieri, Stefano Aluigi e Christian Cartoceti che, reduci da differenti esperienze musicali nel 2016, sono diventati i Trauma, per farci raccontare qualcosa in più su di loro e sulla loro musica, aggressiva e introspettiva al tempo stesso.

Ciao ragazzi, benvenuti su Posta Indipendente. Chi sono i Trauma e come nasce il vostro nome?

I Trauma sono Giacomo Pieri (chitarra e voce), Christian Cartoceti (basso) e Stefano Aluigi (batteria). Volevamo un nome che identificasse il tipo di musica che facciamo: dura, aggressiva, inquietante, ma anche personale e introspettiva. Questo ci va abbastanza vicino.

Apprezzo molto la scelta di scrivere testi in italiano, nonostante vi ispiriate alla scena indipendente noise e post hardcore americana. Cosa vi ha spinto ad andare “controcorrente”?

L’inglese sarebbe stata la scelta più facile ovviamente, ma noi amiamo complicarci la vita. È stata una scommessa: volevamo creare qualcosa di originale, e il fatto che nel panorama musicale italiano non siano tanti i punti di riferimento a cui ispirarsi ci ha in un certo senso aiutato, spingendoci a sviluppare uno stile più personale, adatto a veicolare il messaggio che vogliamo trasmettere.

Ascolta “Mea Culpa” su Spotify
Avete da poco pubblicato “Mea Culpa” il vostro secondo EP, quali sono le colpe per le quali “chiedete perdono”?

Moltissime. A livello individuale tutti noi commettiamo un sacco di errori. In quanto esseri umani siamo imperfetti, egoisti, limitati, capaci di pensieri e azioni spregevoli. Da un punto di vista puramente etico, o religioso per chi preferisce, viviamo immersi nel peccato fino al collo, e tendiamo a fare del male, molto più che del bene, a chi ci sta intorno.

A livello collettivo poi, quando non direttamente colpevoli, siamo quantomeno complici compiacenti di una lunga serie di atrocità: tanto per fare un esempio l’indifferenza generale con cui stiamo distruggendo il nostro pianeta.

Pensate che questa pratica sia essenziale per evitare la catastrofe e l’autodistruzione?

Non so se possa bastare. Certo sarebbe un mondo migliore se ognuno di noi imparasse ad assumersi le proprie responsabilità, partendo dalle piccole cose.

“Mea Culpa” – Cover
La copertina, come le sonorità, del vostro EP rimarcano le atmosfere di precarietà, alienazione e solitudine del recente passato, ma ancora attualissime. Quanto le arti possono aiutare a superare certi “traumi”, o a conviverci senza farsi sopraffare?

Crediamo fortemente nel valore educativo e “terapeutico” dell’arte e della cultura in generale. Questo EP, composto e registrato durante la pandemia di Covid-19, ne è la prova: un modo per comprendere ciò che non conosciamo, per esorcizzare ciò che ci spaventa, per condividere e dare forma ai nostri sogni e ai nostri incubi.

a cura di
Mariangela Cuscito

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