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Il disco d’esordio dei Santo Spirito è “Allucinante”

Esce oggi per Dischi Rurali “Allucinante” il disco d’esordio della band abruzzese Santo Spirito prodotto da Marco “Diniz” Di Nardo.

Per i musicofili che sentono la nostalgia delle chitarre distorte, di rabbia tradotta in suono, di scenari realisticamente cupi e di una certa qualità nella produzione, i Santo Spirito sono una vera e propria manna dal cielo. “Allucinante” è il giusto compromesso tra l’alt rock più nichilista e viscerale, il pop genuino e il cantautorato tradizionale da cui ti aspetti le rivelazioni che cambieranno la tua visione del mondo.

All’interno dell’album si alternano brani più orecchiabili e scarni a pezzi più studiati, ma sempre diretti e mai eccessivamente artificiosi. Un esempio di quest’ultima caratteristica è rappresentato dalla traccia “Brucia per me” (che insieme a “Stato di trance” e “Giovani di adesso” ha anticipato l’uscita del disco). La chitarra solista all’interno del brano, un elemento scontato in un pezzo rock, lo arricchisce a tratti dandogli una particolare atmosfera e diversificandolo dalle altre tracce.

Tutti i testi sono caratterizzati da una visione disillusa della realtà. Un “no future” generale, più attuale che mai, attraversa l’intero album e viene declinato in un’ottica diversa in base ai temi trattati. Dalla malinconica critica alla società occidentale, ai cuori spezzati, passando per le speranze infrante: tutto orbita attorno ad una visione decadente della realtà. A compensare ci pensano la brama di rivolta e la voglia di cambiare le cose che traspaiono dalla maggior parte dei pezzi.

È veramente raro sentire un lavoro di una band esordiente con dei tratti caratteristici così marcati e originali. I Santo Spirito non tentano minimamente di camuffare neanche per un secondo i propri riferimenti artistici riconducibili al grunge e al rock classico anglosassone. Allo stesso tempo, però, stanno ben attenti ad evitare la trappola più pericolosa per un gruppo emergente rock: il tentare di ripercorrere le orme dei propri idoli riproponendo in maniera pedante suoni tipici di altri periodi storici cadendo inevitabilmente nell’anonimato e in molti casi anche in scimmiottamenti grotteschi.

a cura di
Lucia Tamburello

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