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“Nun te ne fa’”, il nuovo disco di Gnut che porta l’autunno

Esce oggi il quarto disco di Gnut dal titolo Nun te ne fa’. Un progetto coraggioso e raffinato. Dieci canzoni che mettono tranquillità.

Claudio Domestico è Gnut ed è una delle voci migliori del cantautorato contemporaneo. Non solo: chitarrista, produttore, compositore, poeta e degno erede della grande musica partenopea. Le sue influenze musicali sono chiare in Nun te ne fa’: folk inglese, canzone napoletana, blues e musica africana. Ma è lui a farci scoprire quanto, generi così diversi, stiano bene insieme. 

Foto di Alessandra Finelli
Suoni e poesia

Gnut ruba, come tutti i bravi poeti. Ruba da quello che lo circonda e da quello che l’ha preceduto. Prende a piene mani dalla tradizione della propria terra, da suoni di luoghi lontani, dalla musica americana di Elliott Smith, e da quella inglese di Nick Drake e da quella blues del delta del Mississippi. Prende tutto e lo manipola come fosse argilla, per creare la versione reale di un nuovo sogno

Si confronta senza soggezione, in modo genuino, con le proprie radici. Ne esce un lavoro di qualità disarmante in cui ci racconta il suo animo romantico e sensibile, le sue fragilità. Spoglia tutto quello che c’è di più intimo.

Nun te ne fa’ significa “non dare troppo peso ai problemi”. È un modo di dire ma anche una filosofia di vita, che forse rappresenta bene quella partenopea. 

Il disco è risultato da un lavoro di scrittura iniziato nel 2014, grazie all’amicizia ed al legame artistico con il produttore e songwriter inglese Piers Faccini. Faccini non solo è produttore e arrangiatore, dal 2018 ha anche accolto Gnut nella sua etichetta Beating Drum.

In un contesto sociale e musicale sempre più incentrato sulla velocità produttiva, dedicare sette anni alla realizzazione di un disco è qualcosa di profondamente anacronistico e quasi rivoluzionario. Gnut scrive per sopravvivere e vive per scrivere, si sente!

Un bisogno che è diventato ancora più urgente durante gli ultimi anni, nell’atmosfera surreale che abbiamo vissuto. Vivere la musica come cura contro i mali di quest’epoca è diventato essenziale, per Gnut come per tutti noi. Mai come in questo momento nun te ne fa’, don’t worry, esprime la necessaria filosofia del carpe diem. Napoletana e non solo.

Cover di Nun te ne fa’, Gnut
Suoni e lavoro

Dal sodalizio artistico con Alessio Sollo è nato, con un approccio quasi artigianale alla scrittura, il giusto incastro tra poesia, melodia e armonia che si sente nel disco.

E’ stato poi Piers Faccini a donare ad ogni parola, ogni accento, ogni silenzio un significato, un peso specifico, il proprio posto. Le strutture e le armonie sono nate durante i viaggi di Gnut tra le montagne delle Cevennes nel sud della Francia, a casa di Piers.

Le registrazioni, invece, sono state fatte a Roma con la realizzazione delle batterie di Simone Prattico, grande strumentista jazz di livello internazionale.

Durante il lockdown è stato Piers a creare un mondo sonoro specifico per ogni canzone. E con l’utilizzo di strumenti di diverse provenienze geografiche ha donato un sound unico senza frontiere agli arrangiamenti, dando una connotazione nomade all’intero album.

A Napoli poi è intervenuto Michele Signore con violino, viola, lira, mandolino e mandoloncello. Le influenze d’oltreoceano si sono fuse perfettamente con le radici napoletane. A chiusura del lungo lavoro c’è stata la scelta produttiva di Piers di utilizzare un timbro femminile ad accompagnare la voce di Gnut. La scelta, azzeccatissima, ha portato alla collaborazione con Ilaria Graziano.

Nun te ne fa’ è un disco che testimonia la maturità artistica di Gnut che, tra tante esperienze e contaminazioni diverse, ha trovato una personale strada per veicolare la sua unicità di scrittura e di timbro vocale. Un progetto coraggioso di uno degli esponenti più raffinati del cantautorato italiano contemporaneo.

Foto di Alessandra Finelli
Suoni e metafore

A volte mi piace parlare di musica attraverso delle metafore che possano racontare i suoni, le parole e le armonie senza parlare della musica in sé per sé. Nun te ne fa’ è un disco talmente bello e creativo che fa sorgere questa vena artistica anche in chi deve scrivere per raccontarlo. 

Ascoltare questo disco di Gnut è come trovarsi in un campo dal prato verde acceso, ma è notte e il verde sembra un manto soffice e nero. C’è solo la luce di un falò, il suo crepitio che accompagna la voce e le parole. Ascoltare questo disco di Gnut è come trovarsi in autunno. Esce ad ottobre perché sembra essere esattamente questa la sua stagione. Forse è la musica che fa abbassare le temperature, diventando più miti, più gradevoli. Le prime notti fredde e, come coperta, solo i morbidi suoni di Nun te ne fa’. La voce di Gnut che ti coccola come fosse calda cioccolata che va giù per la gola. Le carezze sul viso te le fa la voce dolce di Ilaria Graziano. 

La prima canzone, I’, è una ninna-nanna che ti culla per accompagnarti ad entrare, piacevolmente e scorrevolmente, in un mondo malinconico e blues. Nel vero senso del termine: una realtà immaginifica, eppure reale, ma tutta dipinta di un blu acceso. 

Colpa mia ti confonde senza lasciarti solo e spaesato. Non sai più se sei nel cortile grigio di un palazzo napoletano o su una panchina di Central Park con John Lennon. La tradizione napoletana incontra l’atmosfera beatlesiana, e ci sta bene.

Questa cosa del napoletano merita che le sia dedicata una nota a margine. Da sempre la grande musica napoletana, per il suo dialetto, affascina gli ascoltatori di tutto il mondo. Anche chi non comprende del tutto le parole. E Gnut non è da meno: nei suoi lavori ci sono testi in italiano e testi in napoletano, ma la differenza non si percepisce nell’ascolto. Di certe canzoni non importa capire esattamente tutte le parole, è il senso ciò che più conta. Il senso che traspare limpidamente dalla bellezza della composizione, nel suo insieme. In Nun te ne fa’ è così!

E ancora: ascoltando questo disco di Gnut sembra di essere avvolti da una leggera nebbia mattutina, quando è ancora troppo presto perché si diradi. Poi arriva Come se e sembra un raggio di sole che taglia la nebbia ed apre la mente, quando dice: “Ed è come se tutto bastasse. Ed è come se il mondo mi appartenesse”. 

Infine, è con Anche per te che arriva l’autunno, entra dalle orecchie e va sotto pelle. Quell’autunno fatto di bei giorni di sole, ma anche di altri giorni piedi di coperte dentro e pioggia fuori. Assieme all’autunno, arriva il buon umore e la voce di Gnut ce lo trasmette tutto. Sembra proprio di vederlo sorridere sentendolo dire: “E dirti che sto bene. Che sto bene anche per te”.

In questo disco tutto è al posto giusto, al momento giusto, nel modo giusto. Così tanto da riuscire a trasmettere un incredibile senso di tranquillità. Alla fine dell’ascolto ti senti bene, leggero, sono più soffici i tuoi pensieri.

Nun te ne faè senza dubbio il titolo di questo disco.

a cura di
Lara Melchionda

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