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Atto Seguente ci racconta le sue Following Figures

È uscito lo scorso 15 settembre “Following Figures” l’album d’esordio di Atto Seguente, un viaggio nella mente alla ricerca di sé

Nel viaggio alla ricerca di se stessi accade di imbattersi in demoni e irreali figure parlanti che, con il loro potere, influenzano le scelte e la visione delle cose. Questo è quello che è successo ad Atto Seguente durante la scrittura e produzione di “Following Figures“, il suo album d’esordio per Dirty Beach e Stand Alone Complex .

Sicuramente tra le figure fondamentali del musicista e cantautore beneventano ci sono Apparat, Iosonouncane, Bjork e Aphex Twin, ma sono i Radiohead “la risposta a tutto”, il punto di partenza del suo progetto ispirato proprio al brano “All I need“:

“Aspettare dietro le quinte, attendere il proprio momento, osservare il mondo”

Si racchiude in queste parole il senso di Atto Seguente, il progetto elettronico con un background classico di Andrea Vernillo.
Prima di Atto Seguente, Andrea, laureato al pianoforte classico, pubblica nel 2019 “Listen and Let It Die“, una rubrica musicale online. Due anni più tardi tocca all’EP “The Moment Before“, ispirato a “Il Soccombente” dello scrittore austriaco Thomas Bernhard.

Abbiamo contattato Andrea in occasione dell’uscita di “Following Figures” per farci raccontare qualche curiosità sul suo nuovo progetto e conoscerlo più da vicino tra ispirazioni, dannazioni e creatività necessarie alla musica e alla vita.

Ascolta “Following Figures” su Spotify
Ciao Andrea, benvenuto su Posta Indipendente. Chi è e come nasce Atto Seguente?

Grazie del benvenuto Mariangela. La risposta a tante domande è Radiohead. Il nome d’arte viene proprio da un loro brano. Mi è piaciuto il concetto: un divenire eterno e l’ho fatto mio anche in relazione alla musica. C’è tanto in giro, tanto di peggio e di meglio, e ogni musicista, artista, gruppo emergente è in qualche modo un atto seguente.

Il tuo nome d’arte fa pensare a qualcosa che è arrivato dopo, ma prima cosa c’è stato?

Più che altro non è ancora arrivato quel qualcosa. Ho scelto questo nome per indicare qualcosa in divenire, un atto che aspetta dietro le quinte, qualcuno che spia il palco dal sipario. Però sì, c’è stato un prima in cui non c’era alcun nome d’arte e la mia attenzione era rivolta solo al pianoforte, agli ascolti e non pensavo minimamente di suonare di fronte ad un pubblico.

“Following Figures” Cover
Adesso è il momento, il tuo momento, quello di “Following Figures”. Quali sono le figure irreali e reali che hanno influenzato questo album?

In sostanza non ci sono figure che hanno una sagoma, qualcosa da poter descrivere. Tutte queste figure ruotano intorno a se stessi, ai mille modi di pensare sul nostro agire quotidiano. Al contrario di quello che ci si aspetta non è qualcosa di negativo, o positivo. I cambiamenti e l’analisi di sé possono spaventare ma sono utili per evolversi, se si sceglie di farlo ovviamente.

A proposito di figure irreali, “Demon” è il singolo di lancio dell’album: una passione può trasformarsi in una dannazione? O esiste una via di fuga?

Grazie per la domanda. Molte volte le persone credono che la musica, la composizione, la creazione di un brano sia uno sfogo, un momento libero dettato dal flusso di creatività, che fare qualcosa di bello e che piace sia gratificante. Posso dirti, per esperienza, che la maggior parte dei momenti, tranne quelli “improvvisi”, sono una specie di dannazione.

Non parlo solo delle difficoltà su vari aspetti della creazione, cioè quello dell’arrangiamento in generale, ma anche di qualcosa che non so spiegare del tutto. Chi mi è più vicino conosce meglio questo dettaglio. In qualche modo, durante la composizione, mi sento dannato per quello che faccio ma che rimane lo stesso un desiderio irrinunciabile. Vie di fuga sì, ci sono. Suonare dal vivo è una via di fuga, ma anche la buona compagnia.

Viviano tempi difficili che mettono a dura prova l’equilibrio precario tra pazzia e lucidità. Come possiamo restare umani? Tu come fai?

Purtroppo non so rispondere a questa domanda. Bisognerebbe partire dal concetto di umano, che è alquanto soggettivo. Non credo che bisogna rimanere umani ad ogni costo. Un atto di pazzia, tra l’agire umano, è un atto di creatività e bizzarria: una prospettiva diversa in un modo omologato.

a cura di
Mariangela Cuscito

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