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Lelio Morra ci racconta “Discoboomer” tra passione e innovazione

Il 29 luglio è uscito “Discoboomer”, il nuovo singolo di Lelio Morra, apripista del suo nuovo lavoro discografico, che lo sta portando in giro per l’Italia.

Piccolo spoiler su Lelio Morra

Lelio Morra nasce nel 1986, nella bella, incantevole e poetica Napoli, in un giorno di neve.

Si avvicina alla musica osservando suo padre suonare e cresce ascoltando Nero A Metà, Sgt. Pepper’s e Back To Black.

Nel corso degli anni è stato un susseguirsi di soddisfazioni e premi, partecipazioni a Sanremo Giovani, fino ad arrivare all’album di debutto “Esagerato”, e ancora premi fino ad arrivare alla pubblicazione di “Discoboomer”.

Incuriositi dalla sua storia musicale, personale e dall’uscita di “Discoboomber”, abbiamo deciso di intervistarlo e di affrontare con lui non solo la pubblicazione del suo nuovo singolo, del suo percorso nella musica, ma anche di cinema e del suo legame con la sua città: Napoli.

Curiosi di saperne di più? Leggete di seguito l’intervista.
Ciao Lelio, benvenuto su Posta Indipendente! Il 29 luglio è uscito Discoboomer, il tuo nuovo singolo, com’è nato questo progetto?

Ciao Francesca e ai lettori di Posta Indipendente, è un piacere ritrovarsi tra queste parole. Yes, “Discoboomer” è appena uscita, mi sta portando in giro per concerti e sono contento dell’aria che tira. Questo brano è il primo di una nuova pianificazione discografica frutto di canzoni scritte, attese pandemiche, la costruzione di un nuovo team a lavoro sul mio progetto, l’entusiasmo e la disciplina necessarie per ripartire al meglio.

Gli argomenti cardini di “Discoboomer” sono la fruizione della musica, la solitudine della folla per citarne alcuni, il tutto viene raccontato non in un mood polemico ma con un tono ironico e dissacrante centrando con un messaggio chiaro e semplice “non mi va bene ma va bene così”. Dunque, cosa vorresti cambiare in ambito musicale, culturale o sociale o di tutti? Cosa ti farebbe esclamare “Va bene e va benissimo cosiì?

Non avrei sentito l’esigenza, credo, di fotografare quelle che a mio avviso sono alcune sfumature del quotidiano italiano se tutto mi fosse tornato. Ci sono alcune dinamiche che inevitabilmente e per fortuna ti fanno prendere una posizione di analisi, e credo che “Discoboomer” faccia semplicemente questo: racconta quello che la mia percezione accoglie tra ciò che mi appassiona e quello che non mi rappresenta. Però ecco siamo comunque attori di questa generazione e quindi “non mi va bene ma va bene così”.

Come nasce il tuo percorso nel mondo della musica?

Il primo passo l’ho mosso a 19 anni, quando il giorno dopo il diploma con la mia prima band (gli Eutimìa) ho vinto il premio De Andrè come miglior interprete con una canzone che tutt’ora amo (si chiama “Amaranta”, è tratta da “100 anni di solitudine” e non è ancora stata pubblicata, credo sarà nel disco che ora ho in cantiere).

Poi ho avuto una seconda band, JFK & La Sua Bella Bionda, con cui oltre al disco “Le Conseguenze dell’Umore” abbiamo suonato in un lungo e largo per l’Italia partendo da Napoli facendo quella sana, necessaria e meravigliosa gavetta.

Per poi trasferirmi a Milano, dove tutt’ora vivo ed ho iniziato a pubblicare a mio nome prima tre singoli tra il 2016/17 con Universal (tra cui “Dedicato A Chi” e “Le Canzoni” – brani per me importanti e che riprendo nel mio repertorio live), un album che si chiama “Esagerato” uscito a fine 2019 di cui sono orgoglioso ma la pandemia ha mandato in fumo la turnè ed il bel lavoro fatto con chi ha lavorato a quel progetto (che ringrazio). Ora, appunto, sono in ripartenza con il bagaglio di questi anni ed il desiderio di stare in giro a suonare per ore.

Da “Discoboomer” si evince il tuo amore per il cinema di Sorrentino, infatti hai dichiarato che ne sei devoto e, recentemente, hai avuto esperienze in ambito cinematografico proprio con Paolo Sorrentino e anche con Amelio. Dicci, che esperienze sono state? Per rimanere in tema, che rapporto hai con il cinema in generale?

Sorrentino per me è una sorta di divinità e un riferimento per diversi aspetti. Su tutti il suo essere napoletano come il tufo ma lasciando che lo si intenda nell’attitudine e la poetica, i punti di vista narrativi, la sua lettura ironica e dissacrante della realtà (come ne “La Grande Bellezza” ad esempio) ma senza ostentarlo. Non mi appartiene il dover sbandierare quella che per me è una viscerale appartenenza ed inclinazione, preferisco, o meglio, ciò che accade è che il mio essere napoletano sia percepito ma non perché stia a sottolinearlo.

Il disco “Le Conseguenze dell’Umore”, che ho pubblicato nel 2013, è sia una dichiarazione di ammirazione verso Sorrentino quanto un mio processo maturato rispetto alla scrittura e cioè che ogni canzone è lo sviluppo di quello stato d’animo che ti induce a dover scrivere una canzone.

“È stata la mano di Sorrentino”

Nell’estate del 2020 mi hanno fermato in strada (ero a Napoli in una pausa da un lavoro estivo extra musicale per morìa di concerti) e mi hanno proposto di salire a bordo de “È stata la mano di Dio”, ero incredulo e ho accettato senza pensarci un secondo.

Siamo stati una settimana a Stromboli in cui ho figurato in tre scene. Però poi il Maestro ha deciso di tagliare il 90% del lavoro fatto a Stromboli per vie narrative, ma vivere quell’esperienza è stato un regalo piovuto da chissà dove oltre ad essere un motivo di osservazione da tanti punti di vista..

Questa esperienza poi ha lasciato che mi contattassero successivamente per un altro film “il signore delle Formiche” di Gianni Amelio in uscita a breve dove mi sono visto qualche giorno fa nel trailer quindi all right. In questo caso eravamo a Roma, su una terrazza lungo il Tevere e immedesimo la parte di un musicista in una festa con Lo Cascio. Molto affascinanti e stimolanti come esperienze. Non sono mai stato un divoratore di film, ma ne ho visti tanti e da sempre son stati motivo di ispirazione, evasione ed emozione.

Trailer “Il signore delle formiche”

Ad esempio un film per me importante è stato “Ordinary People” di Robert Redford, film che ho visto in una stanza di un ostello a Nantes (ero in Franicia per un’esperienza a cui sono molto legato che mi ha lasciato capire perché scrivo canzoni) suonavo in strada ed esorcizzavo un disagio che portavo addosso. Quel film mi è stato di aiuto a scrivere “Gente Comune”, canzone per me importante e che di certo lascia intendere molto di me. Al momento è la canzone con cui ai concerti do il benvenuto al pubblico.

In seguito all’uscita del tuo primo album “Esagerato”, pubblicato nel 2019 avevi dichiarato in merito a questo progetto “che per te non è altro che la fotografica di quello che sono oggi musicalmente e come persona”. Ora dopo tre anni che fotografica rappresenta “Discoboomer”? E in quale fase della tua vita personale e musicale stai vivendo?

Sono legato all’idea che l’autenticità sia il motore principale di ogni espressione artistica. Non sempre è facile esserlo a mio avviso perché in alcuni momenti ci sono cose più grandi di te che ti portano ad una percezione del tuo operato poco lucida (c’è una canzone ad esempio che è figlia di un momento del genere, un gran mal di testa e da cui non mi sento rappresentato. Diventa bagaglio di esperienza).

È necessario quindi potersi rispecchiare nelle canzoni che canti perché ti devono muovere sempre qualcosa dentro, anche quando l’aspetto emotivo di quel racconto è distante dal tuo quotidiano ma ciò che te lo lascia rivivere a distanza di tempo è la verità che tu solo conosci che ti ha spinto a scrivere, che è sacra e una fortuna da tutelare.

Nel caso di “Discoboomerla scintilla di partenza è stato un caffè con un’amica in puglia e mentre la radio passava l’ennesimo pezzo reggaeton mi sono detto “devo scrivere una canzone in cui manifesto questa sensazione di nausea” che poi dal “sogno un’estate senza reggaeton” prende vie più larghe.

Mi ha colpito molto la cover del singolo che richiama graficamente le sonorità  del brano ed è molto d’impatto, rappresentando molto bene il racconto di “Discombomer”, la grafica è stata creata da un altro artista napoletano, Davide di Napoli (@feelgoodyd su Instagram). Come nasce il concept e di conseguenza la vostra collaborazione?

Ti ringrazio. Davide Di Napoli (di nome e di fatto) è un talentuoso art director in pubblicità. Ci conosciamo dai tempi del liceo e conosce quindi i miei passi nella musica dai primi concerti nella palestra del Mercalli (liceo che entrambi abbiamo frequentato).

Non avevamo mai collaborato ma da sempre siamo legati da amicizia e stima reciproca. Anche lui da anni vive a Milano. Durante il lockdown ci siamo riavvicinati tra telefonate e confronti tra vita, lavoro e musica per poi iniziare il sodalizio su questo primo lavoro. Il suo occhio, la sua professionalità e visione anche metodica per me sono una risorsa molto importante che mi auguro di coltivare.

Sei napoletano e lo sono anche io e quindi ben sappiamo che Napoli è un teatro aperto da cui trarre ispirazione da ogni angolo e situazione. Tu che rapporto in questo senso hai con la tua terra? Inoltre hai una frase o una parola napoletana che rappresenta proprio il tuo mantra di vita?

Sì, in parte a questa domanda ho già risposto prima. Sono nato nel Cavone, a piazza Dante, come i miei genitori ed i miei nonni. In un quartiere come quello impari ad avere una lettura delle cose ampia e trasversale, specie in fronte relazionale, perché sullo stesso pianerottolo possono convivere famiglie semplici come la mia e chi ha un quotidiano legato alla malavita.

Di recente ho visto Nostalgia di Mario Martone dove sul finale fotografa una certa sfumatura di Napoli che rappresenta, amaramente, e al netto della meraviglia che rappresenta la città, una pagina che difficilmente può essere cancellata o riscritta.

Ragionavo poi su una cosa che mi suona molta bella e cioè che Napoli è tipo l’amore. Se non ne comprendi il lato scuro, della sofferenza, il darkside, non ne sei davvero cosciente.

Una frase che mi viene da lasciare qui è tratta da “Qualcosa Arriverà” di Pino Daniele: “Voglio o’mare ‘e quatto ‘a notte miezzo ‘o pane e si cadesse ‘o munno sano, je nun me sposto e resto ‘a sotto a mo’guardà”.

Nel 2014 sei stato uno dei 60 finalisti di Sanremo Giovani per l’edizione 2015, che ricordi ti porti di quell’ esperienza?

Sai in realtà a pensarci tra i 60 finalisti di Sanremo Giovani ci sono finito nel 2014 con “Il cuore detta legge”, nel 2015 con “dedicato a chi”, nel 2017 con “domani” ed il 2019 con “Giganti”. Non perché sono recidivo ma perché credo che Sanremo sia la vetrina più di impatto mediatico e di valore culturale popolare in Italia.

Avevo intenzione di candidare un brano tutt’ora nel cassetto lo scorso anno, ma hanno abbassato il limite di iscrizione per i “giovani” da 37 anni a 30 ed io comunque sono un “Discoboomer“. Quindi non so dirti se un giorno avrò questa opportunità ma in franchezza me lo auguro.

La tua estate 2022 è caratterizzata dal tour che è partito a luglio, come sta andando? Hai un rito pre concerto? Hai un aneddoto carino che è successo in una delle date?

Sono molto felice di come stia andando e soprattutto di risentire addosso quella sensazione che conosco e mi fa ritornare a Bob Dylan quando in “Like Rolling Stone” dice “How does it feel? When you’re on your own, like a complitely unknown, with no direction home, like a rolling stone” io ci vado matto per questa cosa ed è una meraviglia assoluta riviverla.

I concerti stanno andando bene, mi stupisce trovare ragazzi che cantano con me a chilometri di distanza o meglio mi lascia avere la sensazione, sempre con i piedi di piombo, di aver lasciato nel tempo un piccolo seme in ognuno che cresce e genere il piacere di riviverci.

Un aneddoto che condivido con piacere è una sorpresa che a Ragusa mi hanno fatto organizzando un pranzo a mia insaputa con Peppe Vessicchio, è stato un regalo gigante in cui ho avuto il privilegio di condividere aneddoti, umanità e brindisi con un gran Maestro.

Un rito che mi porto dietro da tempo è mangiare una mela prima di iniziare ed esclamare con la band “ca**o duro e cuore tenero”.

Siamo arrivati alla fine dell’intervista: c’è qualcosa che non hai ancora detto a nessuna testata e vorresti comunicarlo in esclusiva ai fantastici lettori di Posta Indipendente?

Forse che di questo primo giro di concerti tra le tante cose quello che mi porto addosso è il coraggio di una ragazza che mi viene a dire “Lelio, volevo dirti che le tue canzoni mi hanno cambiato la vita e spero facciano lo stesso con tante altre persone”.

a cura di
Francesca Cenani

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