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Trovare se stessi: In Arte Agnese ci racconta Limone, il suo primo album

“Appurato che non c’è un senso, come posso far sì che questo caos trovi un equilibrio dentro di me?” È da questa domanda che nasce “Limone”, il primo disco di Agnese Conforti, classe ‘94 e toscana che sul palco preferisce farsi chiamare semplicemente In Arte Agnese. Il primo album da solista per Agnese, più che un inizio rappresenta una tappa, un momento di un percorso mano nella mano con la musica iniziato da bambina.

In “LimoneAgnese ha cercato di dare una forma o un nome a questo viaggio, non soffermandosi sulla sola musica ma piuttosto su tutto l’insieme di esperienze che, ad oggi, la rendono se stessa. Abbiamo parlato insieme dell’origine di questo disco, delle sue radici e dell’aspetto che sembra avere ora che è concluso e disponibile all’ascolto già da qualche settimana.

Ciao Agnese! Limone è il tuo primo album. Hai provato a parlare della tua personalità, del rapporto con le tue emozioni, hai provato un po’ a mettere te stessa in questo lavoro. Una volta messo tutto nero su bianco hai imparato qualcosa in più? Ad oggi chi sei?

Ciao Amic*! Si certo, ho capito che quando tengo ad una cosa tendo a metterci tutta me stessa, con pregi e difetti. Ho capito di essere molto perfezionista e ho solo confermato a me stessa che la musica è il tramite con cui riesco ad esprimermi. Ho capito che scrivere un pezzo in un momento difficile mi ha aiutato ad uscirne e, allo stesso tempo, scrivere quando sono felice mi aiuta a rendere quel momento indelebile.

Limone dà l’idea di essere un disco nato da un insieme di esperienze che hai vissuto. Se, però, dovessi scegliere solo un momento da associare all’origine di questo disco quale sarebbe la tua scelta?

Il fulcro dell’idea dell’album è quello di fare un viaggio dentro me stessa, nelle stanze luminose e in quelle più buie. Mi capita di domandarmi quale sia il senso del nostro esistere e perché io senta così forte in me la musica. La risposta a questa domanda non c’è ma scrivendo ho scoperto che per capire quanto meno il nostro posto nel mondo la domanda da pormi doveva essere diversa ossia “Appurato che non c’è un senso, come posso far si che questo caos trovi un equilibrio dentro di me?” e da lì nasce “Limone“.

Hai affrontato per la prima volta la realizzazione di un album da solista. C’è qualcosa che ti ha aiutata nel processo creativo? Che tipo di percorso è stato?

È stato un percorso travagliato, niente nella vita è facile, specialmente guardarsi allo specchio con occhi oggettivi e decidere a tavolino di voler scoprire le carte. Non è stato semplice e neanche sempre piacevole, ma è stato necessario soffermarmi sulle piccole cose quotidiane che caratterizzano ognuno di noi, rivedere le priorità e capire che alla fine sono le piccole cose a fare la differenza.

Tra le tue influenze citi da Janis Joplin ai Led Zeppelin, da Aretha Franklin Amy Winehouse. Il tuo disco suona, però, in modo distante dai classici. Quali sono stati gli ascolti che ti hanno accompagnata in questo periodo?

Considero i grandi classici come l’impalcatura di un palazzo, senza la quale la struttura crolla. Tutto il resto sono bellissime finestre e bellissime facciate. Mi piace pensare che la musica accompagni l’artista in ogni momento della sua vita e con lui o lei sia quindi in divenire. In questo periodo mi sono avvicinata molto al queer pop di La rappresentante di Lista, l’indie pop di Margherita Vicario, ma anche la trap di Tha Supreme.

Se dovessi consigliare tre dischi ai tuoi ascoltatori, per prepararli a “Limone”, quali sarebbero?

My mamma” (La rappresentante di lista), “Bingo” (Margherita Vicario), “23 6451” (Tha Supreme).

Limone”, come già ricordato, è fuori su tutte le piattaforme digitali e, inoltre, ascoltabile anche qui.

a cura di
Pierluigi Masi

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