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Cassandra: il nostro è un pop di pancia

“Campo di Marte” è il disco d’esordio della band Cassandra, un racconto nato dalla necessità di raccontare il proprio presente e tutte le emozioni ad esse connesse. “Campo di Marte” esce il 25 marzo per Mescal.

Cassandra sono due fratelli di sangue e uno acquisito, Matteo, Franceso e Giovanni. Noi abbiamo ascoltato il loro lavoro e oggi li ospitiamo per un’intervista, che potete leggere qui!

Ciao ragazzi, benvenuti su Postaindipendente! Il 25 marzo pubblicate il vostro album d’esordio “Campo di Marte”, innanzitutto come vi sentite per la release?

Carichi, forse fin troppo. Dentro questo disco c’è tanto di noi, della nostra gente e delle nostre piazze e condividerlo è la parte più bella di questo lavoro.

Vi va di farci un piccolo excursus riguardo a come nasce l’album? C’è un filo conduttore?

Il disco nasce in una minuscola camera in affitto con una gigantesca finestra che dà sulla via più trafficata del quartiere “Campo di Marte”; mio fratello viveva nella stanza accanto e abbiamo iniziato a registrare i pezzi da noi.

Dopo qualche insulto i pezzi erano pronti per essere sgraziati dal nostro padre/produttore Carne e passati alla batteria da Giova.

Il filo conduttore di questi pezzi è l’istinto, l’emergenza di voler dir qualcosa, brutto o bello che sia. È un pop “di pancia”.


Ci ha incuriosito molto il brano “Ti auguro tutto il peggio che c’è”, un brano che già dal titolo ha il sapore di invettiva: si ispira ad una storia vera?

Si certo, come tutto il disco. Si parla di cose vere, quotidiane e quindi una bella offesa detta di cuore è capitato a chiunque di prenderla nella vita. Noi l’abbiamo trasformata in una canzone

Passiamo al versante musicale: ci sono degli artisti a cui vi ispirate particolarmente per la composizione dei brani?

Nella composizione sicuramente i grandi cantautori italiani: Dalla, Fiumani, Cremonini, Vasco o Venditti. L’approccio sull’arrangiamento è più sporco, più di oltremanica. Crediamo nell’errore.

Chiudiamo con un’altra domanda inerente a uno dei vostri brani, “Il 2020 non esiste”: dite che avete trovato la formula per esorcizzare un anno… o forse due totalmente da incubo?


Si, proprio così. Poi in realtà nel pezzo esorcizziamo tutte le cose di cui non vorremmo parlare ma alla fine fa bene farlo. È la nostra preghiera rigorosamente laica.

a cura di
Redazione

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