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Da Stranger Things a “Noir”

il nuovo singolo di Forse Danzica

“Noir” è il nuovo singolo di Forse Danzica, fuori dal 13 gennaio, un singolo che riprende dal noir tutte quelle sfumature della cupezza che mettono insieme due opposti come la vita e la morte. Noi intrigati da queste caratteristiche non potevamo non ospitarlo sui nostri schermi. Ecco che cosa ci ha detto!

Benvenuto su Postaindipendente! Il 13 gennaio pubblichi il tuo nuovo singolo “Noir”: come nasce il brano?

Il brano nasce da un vecchio giro di basso che c’era negli archivi delle cose che non avevamo mai utilizzato, per cui a un certo punto abbiamo trovato una chiave. Poi come sempre abbiamo lavorato un po’ in studio e un po’ in privato per arrivare al brano definitivo. Inizialmente doveva chiamarsi “Bubble Tea” perché il testo l’ho scritto all’interno di Nerdtea, locale di Bergamo che vende Bubble Tea in una location ispirata a Stranger Things e ad altre serie tv, ma poi abbiamo deciso appunto di chiamarla Noir perché ci sembrava più esplicativo.

Qual è il tuo rapporto col genere noir e in che modo può essere associato a te?

In realtà più che il genere noir, inteso come variante “oscura” del poliziesco, mi piace proprio l’aggettivo perché grazie le sue stratificazioni e i suoi impieghi nel tempo oggi indica qualcosa di molto simile a una sorta di cupezza teatrale, in questo senso può essere utile secondo a descrivere anche esperienze diverse dal genere vero e proprio. In ogni caso, mi piace l’idea del protagonismo della morte, l’idea che la morte sia spettacolarizzata e addirittura esasperata nei gesti, e che i protagonisti siano le vittime.

Il periodo di continuo isolamento semiforzato che stiamo vivendo si sta sicuramente percuotendo sulla nostra psiche, in che modo però questo periodo storico così atipico si riflette nella tua musica?

Non so quante e quali delle difficoltà psicologiche che sto attraversando negli ultimi mesi siano legate all’isolamento, diciamo che di sicuro non aiuta, però l’isolamento di cui voglio parlare è qualcosa di più profondo e strutturale, penso più che altro al senso di paralisi di fronte alle scelte e la conseguente rinuncia all’azione. Più che la solitudine, in questi due anni ho sofferto l’impossibilità di percepire i progressi nel mio percorso di autorealizzazione, e la mia personale conclusione è che in realtà la cosa veramente dannosa e ansiogena è l’idea stessa di autorealizzazione, almeno per come ero abituato a viverla.

E quindi nella mia musica ho iniziato a rappresentare soprattutto i miei lati più svilenti, a descrivere i miei momenti di pigrizia, sporcizia, inazione: essere indulgente riguardo ai fallimenti fino a chiamarli con un altro nome per me è stata una piccola rivoluzione contro l’ansia di realizzarsi secondo criteri che non mi appartengono e che mi danno solo angoscia.

Ci sono degli artisti, scrittori o poeti a cui ti sei rifatto ultimamente e che ti hanno ispirato per la scrittura delle tue canzoni?

Nei mesi in cui scrivevo l’ep, in particolare, ho riletto dopo un sacco di anni La Metamorfosi di Kafka, poi le Memorie del Sottosuolo di Dostoevskij e Tonio Kroger di Thomas Mann. I primi due mi hanno aiutato a chiedermi se io sia più simile a un insetto o a Napoleone e a liricizzare la vergogna, il secondo a chiarire il mio rapporto con l’arte, più che altro in vista del futuro.

Qual è il messaggio che intendi lanciare attraverso “Noir”?

Nessun messaggio, non mi piace l’idea di lanciare dei messaggi. Vorrei più che altro trasmettere delle sensazioni e creare eventualmente empatia con chi ci si riconosce.

a cura di
Ilaria Rapa

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