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“Canzoni da museo”: il progetto artistico di Roberta Giallo che unisce poesia e musica

L’album è un progetto sui generis, in cui Roberta Giallo ha scelto di musicare, arrangiare e dare nuova veste ai versi delle poesie di Giovanni Gastel, Davide Rondoni e Roberto Roversi.

“Canzoni da museo”

Roberta Giallo è una cantautrice, scrittrice e performer teatrale. Inizia la carriera aprendo il concerto di Sting in Piazza del Plebiscito a Napoli, in diretta su All Music. Viene notata da Mauro Malavasi che la presenta a Lucio Dalla. Insieme lavorano a uno spettacolo e all’album d’esordio “L’oscurità di Guillaume”, che ottiene un grande successo di pubblico e critica (decretato Miglior Disco del 2017 da All Music Italia).

Fa incetta di premi e si esibisce nei più importanti teatri e luoghi della cultura, in Italia e all’estero. Porta in scena molti concerti e spettacoli con Federico Rampini, Ernesto Assante, Gino Castaldo e, come soprano, collabora con alcune delle più importanti Orchestre Italiane: Foi Bruno Bartoletti, Orchestra del Teatro Massimo di Palermo, Orchestra Sinfonica Metropolitana di Bari.

Dopo “L’oscurità di Guillaume” (2017) e “Vicina Vicina” (2020), Roberta Giallo torna col nuovo album “Canzoni da museo”, con cui desidera porre le basi per un nuovo genere musicale che abbia a cuore la poesia, la canzone e i luoghi deputati alla custodia e alla salvaguardia del bello e della cultura.

Ascolta “Canzoni da museo” su Spotify!

Ecco a voi la nostra intervista a Roberta Giallo.

Ciao Roberta e benvenuta su Posta Indipendente. Il tuo nuovo progetto “Canzoni da museo” mette in musica i versi di tre importanti poeti italiani come Giovanni Gastel, Davide Rondoni e Roberto Roversi. Come nasce questa idea e su che base è avvenuta la selezione dei testi?

In ottobre 2020 sono stata invitata al Museo Maxxi di Roma per esibirmi piano e voce durante la Mostra di Giovanni Gastel. Quel giorno presentava un libro scritto insieme a Davide Rondoni, “Dare Del tu alla bellezza”, libro al quale avevo partecipato anche io con una piccola dissertazione, per volere dell’editore Lamberto Fabbri. Ascoltando Giovanni raccontare di sé e del suo processo creativo, ho percepito un’affinità rara, che si è subito tramutata in stima e affetto reciproci; gli stessi che già legavano da tempo anche me e Davide Rondoni. 

Giovanni poi mi ha inviato due suoi libri di poesie e spontaneamente mi sono sentita “chiamata a musicarne” alcune. Ne ho sentito “il canto”, diciamo così. Senza perdere tempo ho registrato col telefonino alla meno peggio i provini (piano e voce) di alcune sue poesie musicate e gliele ho inviate. Giovanni era iper entusiasta, tanto da volerle pubblicare immediatamente, così, allo stato grezzo, sui suoi social, ma l’ho frenato. Volevo dare una veste migliore a quelle poesie ormai divenute canzoni, una veste all’altezza delle sue parole

Quindi ho deciso di costruire un vero e proprio album, ho musicato anche alcune poesie di Davide che amavo molto (con cui avevo già collaborato), e quelle di Roberto Roversi, poeta che a suo tempo aveva fornito molti testi al mio amico e mentore, Lucio Dalla. Ho avuto la fortuna di avere in dono dal nipote di Roversi, Antonio Bagnoli, una serie di poesie inedite destinate proprio a Lucio!

Poi sono andata in studio con il produttore artistico Enrico Dolcetto, e abbiamo curato insieme gli arrangiamenti, scegliendo di volta in volta la strada migliore per ogni pezzo, con moltissima cura. La selezione è avvenuta per via di un fatto elettivo, istintivo, di fronte a una mole cospicua ho scelto di musicare le liriche che mi ispiravano di più, quelle più vicine, di cui sentivo “la voce”.

Poi devo dire che questa scelta inizialmente istintiva mi ha portato in un secondo momento ad elaborare una sorta di narrazione interna all’album. È un viaggio: di nascita, morte e resurrezione, del singolo e della collettività, è epos contemporaneo

Questo progetto artistico da te intrapreso è molto ambizioso e coraggioso: prendere in prestito le poesie di Gastel, Rondoni e Roversi, e restituirle al pubblico sotto forma di musica. Quali sono state le sfide più grandi da affrontare?

Quando c’è ispirazione non c’è paura, si può azzardare. Mi sento di poter osare. Almeno questo vale per me. Certo, c’è un dettaglio non trascurabile, devo dire di aver avuto la benedizione di Gastel e Rondoni, (non di Roversi che non ho conosciuto personalmente, ma al suo posto ci hanno pensato Dalla e suo nipote Antonio). Questo certamente ha inciso sul processo creativo del mio lavoro audace.

Ad ogni modo, sono stata mossa a musicare queste liriche dal mio “daimon interiore”. Quando questo accade sono pronta a tutto, ad accollarmi ogni responsabilità. Fare Musica ispirata significa essere sulla via della propria missione. La sfida più grande, anzi trasformerei la parola sfida in augurio, sarà portare la mia performance musicale e non solo nei musei, e che questo lavoro resti cosa imperitura, non certo alla mercé di mode e tendenze di passaggio.

Roberta, hai definito questo album come un vero e proprio viaggio. I testi parlano di gioia e felicità, ma anche di dolore, e meritano di essere letti e ascoltati più volte per poterne cogliere a pieno la forza e il significato. Che consiglio senti di dare a chi si approccia all’album per la prima volta? Penso soprattutto ai più giovani che poche volte si sono imbattuti in un progetto artistico come il tuo.

Li inviterei a non avere pregiudizi, ad accogliere qualcosa di diverso da quello che probabilmente sono abituati ad ascoltare, lasciandosi andare.  Non è importante capire, la poesia chiede di sentire

Poi li inviterei a frequentare la poesia se non sono già abituati a farlo: da quando mi sono messa a leggere con più metodo e costanza libri di poesie, il mio animo ci ha guadagnato!

Delle nove tracce che compongono “Canzoni da museo”, ce n’è una a cui sei maggiormente legata? Una canzone di cui vai particolarmente fiera e che pensi possa rappresentare a pieno l’essenza stessa dell’album?

L’ultima traccia, “Approdato in quest’epoca come un naufrago”, che è poi la poesia che ho musicato per prima, quella che mi ha ispirato tutto il viaggio e di un viaggio racconta. Questa breve poesia racchiude tutto il sentimento e l’iter di quell’Epos di cui parlavo prima. Sono anche io una specie di naufraga su questa terra. Sebbene abbia imparato a “parlare la lingua dei nativi” per sopravvivere e barcamenarmi nel mondo e nel suo folle mare, ogni qual volta che frequento il mondo parallelo e nostalgico delle muse, mi sento a casa.

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a cura di
Alessandro Michelozzi

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