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Kimerica: 5 novembre è uscito il suo ultimo singolo

Quando si parla di artisti con la “a” maiuscola, a volte si mette in luce come una delle loro caratteristiche più importanti, sia la capacità di poter svariare tra i generi risultando sempre credibili.
Questa caratteristica che non è proprio da tutti, ma secondo me e secondo Kimerica nome d’arte di Erica Kim Stella, artista con la “A” maiuscolissima (se questa parola esistesse), fa parte del concetto di arte stessa.

Il 5 novembre è uscito:” Coro per la fine del mondo” , l’ultimo brano del suo progretto musicale, Kimerica, molto interessante e l’abbiamo intervistata per chiederle un po’ di cose.

Ciao Kim/Erica/Kimerica (simpaticissimo gioco riferito al significato di Kimerica) come stai musicalmente parlando?

“woo, domandone”.
Mi trovo attualmente all’inizio di un percorso discografico con un’etichetta indipendente di Roma, la “Lost generation records”.
È la prima esperienza con un’etichetta e soprattutto la prima nella quale mi trovo a collaborare con un ufficio stampa e con altri professionisti del settore.
Sto lavorando su tanti brani nuovi e su un album che uscirà in primavera, anche se probabilmente ne ho pronto un altro ancora.
Insomma, non si può dire male.

Quando ho ascoltato il pezzo, fin da subito mi ha proiettato in una moltitudine di immagini mentali.
Inizia in modo molto cinematografico, frasi come: “vedo lontano ben oltre Milano” / “finiamo fuori città”, mi hanno proiettato lì nel luogo, come se io stessi vedendo la scena tra te e la persona che citi.
Quando scrivi un pezzo ti fai mai influenzare da immagini prese da film? Sei consapevole che il tuo modo di scrivere risulta molto cinematografico?

Non lo faccio apposta, però me lo dicono in diversi.
Probabilmente, non ho in mente film quando scrivo, ma determinate situazioni che voglio rappresentare, quello sì, forse per questo si percepisce.
Sicuramente, avevo in mente che volevo raccontare una piccola storia, come se stessimo vedendo la puntata di una piccola serie.

Alla prossima domanda tengo particolarmente e proverò quindi a formularla bene.
L’inizio del brano è uno scambio tra sesso maschile e femminile, come se il punto di vista che tenti di avere tu tenti di essere bilaterale e lo si capisce in frasi come:
“La guardo e mi piace già” / “Le chiedo se usciamo” / “Come sono finito qua” .
Tutto il mondo delle tematiche legate all’identità di genere e più in generale legate alla sfera della sessualità, quanto sono importanti per i tuoi pezzi?

Molto e ti ringrazio per la domanda.
Io personalmente anche quando ne parlo con le altre persone, non mi identifico in un sesso specifico.

Mi capita spesso di identificarmi come donna in un contesto e uomo in altro.
Ho passato tanto tempo a vivere con difficoltà questo tema perché mi chiedevo se dovessi per forza riconoscermi in un genere o in un altro, fino a che ho capito che la questione è molto più complessa di così.
Il genere sessuale non è come un bugiardino, del tipo:” tieni, ti do le istruzioni così sai come rapportarti con me”.

I tuoi pezzi suonano come un tentativo davvero folle, in senso buonissimo, di unire cantautorato e in generale musica d’autore con l’elettronica, house principalmente. Quali siano i tuoi riferimenti culturali? La domanda però sarebbe un po’ scontata, se non fosse che la renderò più “difficile” chiedendoti: quali sono i tuoi riferimenti culturali italiani? E specifico italiani.

Questo è molto divertente perché io compongo musica elettronica ma non ho moltissimi riferimenti in quell’ambito, anzi, ne ho molti di più nella musica d’autore italiana, quindi non mi metti in difficoltà.
Principalmente a livello di musica d’autore ti potrei dire: Fabrizio de André che ho ascoltato per tantissimo tempo, Roberto Vecchioni e Lucio Battisti.
Ho sempre pensato, anche se magari si può non sentire, che in me ci sia molto di Battisti.

Mi piace un sacco il finale, lo trovo molto riuscito.
La chiudi con una frase: “sto pensando di farmi del male, sto pensando al futuro, non mi piace, non mi piace questo coro”.
Io qui ci ho visto un forte senso di estraniamento, senso che anch’io spesso tratto nei miei brani e che in generale è un tema molto presente nei brani dei nostri coetanei.

Tu come la vivi? Cioè effettivamente senti questo senso di lontananza dalla società, intesa come quotidiano ed esperienza di vita tua personale in cui ti trovi? So che si tratta di un domandone.

Si lo provo ed era anche uno dei temi del brano, secondo me è una costante tra i ragazzi della nostra generazione.
Non mi sento di generalizzare, però mi sento di dire che le persone che ho a fianco a me provino questa sensazione ed in particolare i ragazzi dai 24 ai 30 anni.
Siamo una generazione che prova un forte senso di estraniamento nei confronti della società.
Io in questa canzone parlavo di alienazione nei confronti di una società che non capisco e nella quale non mi trovo.

Dopo aver fatto domande abbastanza spinose, chiudo con due domande più leggere.
Da dove deriva il tuo nome?

E’ molto semplice in realtà, io mi chiamo Erica stella Kim, i miei erano due fricchettoni.
Volevano chiamarmi Kim, quindi da lì, ho unito i due nomi: Kim + Erica ed è uscito Kimerica.
Inoltre, mi incuriosisce molto come aggettivo, anche perché si riferisce ad un animale, quasi mitologico, che è composto da diversi animali e questo si lega molto alla tematica dell’identità di genere e anche del modo che ho di concepire la musica.
Mi sento molto “frammentata” ma “sensata” complessivamente.

Che cosa stai progettando di fare?

Diversi singoli nuovi che voglio far uscire da gennaio in poi e un album in primavera, più tantissime collaborazioni con altri artisti con i quali scrivo e produco.

Ci siamo lasciati da una chiacchierata di circa 30 minuti con la promessa di risentirci per l’album che uscirà.


Erica è un’artista molto sensibile originale che è in grado di trattare argomenti molto complessi con arrangiamenti elettronici e cinematografici.
Quando ascolti un suo pezzo sei subito proiettato in una specie di pellicola d’autore, dove vieni colpito dal complesso caleidoscopio musicale che lei è in grado di creare.

In una qualsiasi altra intervista, si potrebbe chiudere dicendo che la musica italiana ha bisogno di autrici come lei e che noi le auguriamo tanta fortuna.
Io penso invece, che la musica italiana abbia bisogno di artisti con la “A” maiuscolissima (termine coniato da me) e che Erica/Kimerica sia un* di quelli.

a cura di
Elia Agostini

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