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Con “Moby” sbarchiamo nel mondo di Luciano Torri

Mobyè il nuovo singolo di Luciano Torri. Spensierato come il suo “padrone”, “Moby” è il canto libero di un autore che non ha mai smesso di sognare, specialmente con la musica.

Noi lo abbiamo ascoltato e abbiamo ben pensato di farcelo spiegare al meglio direttamente da Luciano!

Ciao Luciano, benvenuto! L’8 ottobre pubblichi “Moby”: Moby come la balena di Melville o come uno dei padri della musica dance del duemila?

Vi arrabbiereste se vi dicessi che si tratta essenzialmente dell’imbarcazione che ci ha traghettato verso la terra dei vivi? Ciao ragazzi! È un piacere essere qui!

Tornando al brano, qual è il messaggio che intendevi dare con “Moby”?

Purtroppo, devo deludervi ancora una volta, poiché “Moby” non ha la velleità artistica di insegnare o lanciare un determinato messaggio. “Moby” è un brano di un adolescente nel pieno del suo entusiasmo e quello che canta è frutto di un’intuizione piuttosto che un ragionamento.

Secondo te nelle canzoni bisogna parlare necessariamente di “cose pesanti” per aver un occhio di riguardo dalla critica?

Assolutamente no, almeno per quanto riguarda il mio personale punto di vista. Non può esserci dicotomia se si parla di canzoni. In alcuni brani leggeri saranno nascosti significati profondi come una canzone apparentemente pesante conterrà testi il cui unico fine sarà quello di riempire dei versi.

Se le canzoni si limitassero al puro scopo di appesantire lo spirito per una velleità artistica si cercherebbero altri metodi per far parlare la nostra emotività. Sarebbe una noia incredibile!

Andiamo all’aspetto musicale del singolo: come nasce la commistione di generi e suoni che caratterizza il tuo nuovo brano?

L’organico di Moby è piuttosto acustico, se non vogliamo parlare della chitarra elettrica o l’ukulele distorto che sentirete nello special (strumento che abbiamo trovato in studio e abbiamo avuto il dovere di usarlo). Il tutto nasce da un obiettivo: creare il terreno perfetto che sposi il concetto di avventura caraibica; quindi, Conga, Darbuka, chitarre acustiche ed elettriche e tanta voglia di disastri sono gli ingredienti mal dosati di Moby.

Ti descrivi come un “randagio” specialmente nella tua vita musicale: nel senso che sei alla ricerca di una casa, di una stabilità o invece tutto il contrario?

Esatto! Se volessi essere un buon musicista e cantante dovrei seguire un genere magari, o quanto meno dare importanza a più elementi di riconoscimento. Insomma, il mio lato composto mi suggerisce che dovrei forse essere più coerente stilisticamente; ma ho solo tre brani all’attivo per ora, voglio sentirmi ancora randagio; almeno fino al primo album!

Lasciaci con tre canzoni che per te sono l’emblema della libertà!

Senza dubbio “There Will Be Time” dei Mumford & Sons, “Sweet Disposition” dei Temper Trap e immancabile “Thunder Road” di Bruce Springsteen. Vi ringrazio ragazzi! Alla prossima! Un abbraccio!

a cura di
Ilaria Rapa

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