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Alessandra Tava: “Il mio libro nasce a New York”

“Buttati che è morbido” è il libro con cui Alessandra Tava sceglie di presentare la sua scrittura e dunque un po’ di sé al mondo dei lettori. Ambientata a New York, la narrazione ruota intorno a quattro personaggi che hanno di Alessandra tutto e niente, ed è forse proprio per questo che le storie dei protagonisti sembrano diventare così vere ai nostri occhi.

Senza entrare troppo nei dettagli, lasciamo che sia l’autrice a raccontarci qualcosa in più del suo libro!

Ciao Alessandra, benvenuta! “Buttati che è morbido” è il tuo primo libro edito da Albatros Edizioni: ti va di dirci qualcosa senza rivelare niente del libro?

Certo, molto volentieri! “Buttati che è morbido” è un libro che prima ho vissuto e poi ho scritto. I protagonisti sono quattro persone che ho realmente conosciuto quando ho vissuto a NY, persone che hanno lasciato il segno. Le loro storie d’amore, di amicizia, di sogni, paure e ambizioni si intrecciano sullo sfondo di NY. All’inizio sono racconti distanti l’uno dall’altro ma col tempo i quattro protagonisti diverranno l’uno indispensabile per l’altro.

Quanto c’è di te negli occhi e nelle vite di dei quattro personaggi che incrociano la propria esistenza nella città di New York?

C’è tanto di me. Io non sono nessuno dei protagonisti ma sono in realtà un po’ in tutti. Ho avuto la fortuna di poter raccontare le loro storie, ovviamente un po’ romanzate, come le avevano viste i miei occhi ma non ho potuto fare a meno di inserire un po’ di Alessandra in ognuno di loro.

Leggevo che il tuo libro inizia con una citazione di Parker in cui dice che New York è sempre carica di speranze: data la tua esperienza diretta, credi che sia più una città per ambiziosi o sognatori?

Questa domanda è bellissima. Ed è tanto bella quanto è difficile dare una risposta. Così di impatto mi viene da rispondere che è più per sognatori, perché io quando ero là ho vissuto ogni giorno come se fosse un sogno ad occhi aperti. Mi rendo però conto che non sempre è così. NY è anche una città tanto difficile e per trovare lì una propria stabilità ci vuole tanta ma tanta ambizione.

Credo sia sempre molto intrigante quando chi scrive ambienta la narrazione in una città sia essa quella natia o quella di una breve permanenza: in questo caso esistono dei luoghi di New York che porterai sempre nella tua memoria?

Assolutamente sì. Washington Square è un posto che mi ha stregato. La amavo a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ci andavo spessissimo e seduta sulle panchine di quel parco mi sentivo davvero in pace e felice. Successivamente ho imparato ad apprezzare tantissimo anche Williamsburg. La vista di Manhattan da quel quartiere di Brooklyn rimarrà impressa nei miei occhi per sempre.

Sei anche una giocatrice di basket professionista: quando è nata in te la necessità di condividere la tua scrittura anche con chi non conoscessi?

Gioco a basket e scrivo da sempre, ma proprio a NY ho sentito la necessità di scrivere con ancora più costanza. Una volta tornata in Italia, ho pensato che quelle pagine scritte nel mio periodo newyorkese sarebbero potute diventare un libro. Solo in un secondo momento, quando il romanzo iniziava a prender forma, ho sentito l’esigenza e ho sognato di poter scrivere anche per chi non conoscevo.

a cura di
Ilaria Rapa

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