Guzzi, il nuovo singolo “Ti vedo da lontano”. E ti vedo bene, mannaggia a te…
Guzzi. Ah, maledetto Guzzi. Prima o poi ti denunzierò alle autorità competenti, perché non è possibile far capitolare un metallaro. O meglio, non è possibile che un metallaro debba ammettere che, sì, senza chitarroni e doppia cassa triggerata si possa scrivere qualcosa di buono in chiave “pop”.
“Ti vedo da lontano” è il nuovo singolo del giovane autore e musicista toscano, ulteriore tappa di un processo di affinamento di stile e parole che non suonano così banali (siano lodati il cielo e la terra).
Un vissuto come tanti…
… Ma raccontato e cantato bene. Come anticipato, il nuovo brano di Guzzi riesce a raccontare qualcosa di comune in maniera non scontata. Capiamoci: il sottoscritto è un essere che prende martello e scalpello appena sente in radio, filodiffusione o televisione circa il 95,67% delle nenie pop mainstream. Il motivo? Sempre la stessa cosa trita e ritrita. Sempre lo stesso modo di raccontare l’amore perduto, l’amore disperato (Nada, ti prego torna il prima possibile), il ricordo malinconico di una storia passata.
Ecco, Guzzi questa volta si cimenta nel ricordo che ci fa dipingere in volto, inconsciamente, il sorriso agrodolce per un passato che ci ha riempito e spezzato il cuore. Un sorriso agrodolce che noi non possiamo controllare. “Ti vedo da lontano” si innesta in questo solco, che non è una tomba ma solo una finta trincea che, stupidamente, ognuno di noi almeno una volta nella vita ha cercato di creare e in cui illudersi di ripararsi.
Un metallaro ti odia
Però, dannazione, è innegabile che Guzzi, all’anagrafe Alessandro Domenici, sappia raccontare bene anche la banalità della vita. Che poi, “banalità”: il fatto di incontrare da lontano una propria ex fiamma, è cosa che abbiamo vissuto tutti. E tutti sappiamo il misto di emozione/disagio che si prova in quel periodo della vita, “quando mi vesto bene e non posso mandarti la foto per chiederti un parere”.
“Ti vedo da lontano” è un bel brano pop, incravattato alla maniera che può piacere ai “gggiovani d’oggi” (chi vi scrive è un saggio-ma-vecchio-rantoloso-e-rancoroso), ma che potrebbe tranquillamente reggersi anche nelle più spoglie vesti chitarra e voce. Ciò non è cosa da poco, dato che (troppo) spesso si fa affidamento al mero sound ultra bombastico delle produzioni perfettine.
Bravo Guzzi. Ti amo, poi ti odio, poi ti amo. Mi sento confuso (combo cit. Rino Gaetano e Elio E Le Storie Tese).
a cura di
Andrea Mariano