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L’anima salva di Gionta in “Desperate soul”

Desperate soul” è il disco pubblicato da Gionta il 26 marzo, un album questo caratterizzato da un eclettismo compositivo e musicale. Ogni traccia racconta il percorso che l’artista ha compiuto fino all’ascesi, fino al momento in cui proprio grazie alla musica è riuscito a superare il suo stato di anima disperata fino a diventare (come direbbe qualcuno) un’anima salva.

Noi non potevamo quindi non intervistarlo!

Ciao Gionta, benvenuto su Posta Indipendente! Il 26 marzo hai pubblicato il tuo album “Eyes of a desperate soul”, ti andrebbe di introdurci una creazione così eclettica?

Ciao e grazie a voi! Un saluto anche a tutti i lettori di Posta Indipendente! “Eyes of a desperate soul” parla di tutto ciò che riguarda le sensazioni interiori dell’animo umano attraverso la tematica del contrasto: si parla di sensazioni legate ai miei periodi di depressione; di delusioni e sentimenti legati ad alcune persone che passano nelle nostre vite e lasciano comunque qualcosa; si parla di mancanza di comunicazione interpersonale e difficoltà nell’ottenerla… ma si parla anche di dolcezza, spiritualità, mente libera e libertà d’animo più in generale.

C’è spesso e volentieri contrasto anche fra musica e parole. L’idea è partita, come ogni idea musicale della mia vita, dalla mia cameretta mentre riflettevo profondamente su me stesso e sul mio percorso come persona in generale. Ho iniziato quindi a scrivere i testi. Le melodie arrivavano in testa quasi da sole. Prima della produzione di Matyah (Mattia Uldanck) le canzoni erano composte solo da parti vocali in loop che andavano a creare gli accordi, mi veniva dunque facile canticchiare e memorizzare delle melodie che suonassero discretamente assieme alle parole del testo per poi andarle a registrare con la mia loop station. Fra stesura testi, composizione, registrazione e lavori finali di mix e mastering c’è voluto più di un anno!

Quale tra le tracce credi che sia quella che meglio riassume l’essenza dell’album?

Dunque, sicuramente “Eyes of a soul” che da praticamente il nome all’album. Le tematiche di quest’album sono la coscienza di sé e il contrasto in tutte le sue manifestazioni. “Eyes of a soul” si contrappone infatti a “Regrets” (il titolo, già dice molto). Nel primo brano indicato c’è una frase, “I am my only divinity”, che secondo me esprime tutto ciò che può essere considerabile come forza interiore. In “Regrets” si diventa invece molto fragili e c’è molta autoriflessione

Quali sono gli ascolti che ti influenzano maggiormente in questo ultimo periodo e che sono stati magari alla base della scrittura di “Eye of a desperate soul”?

Nell’ultimissimo periodo sto ascoltando tantissimi cantautori italiani. Mentre durante la lavorazione e l’uscita dell’album ho ascoltato tantissimo gli Alt-J, i Massive Attack e i Daft Punk. Mi piace e mi è sempre piaciuta la musica di ogni genere e amo sperimentare anche sui brani che compongo.

L’album sembra essere un viaggio tra le varie fasi della tua crescita interiore: cos’altro oltre alla musica eventualmente ti ha aiutato un periodo di down emozionale?

Sono cresciuto con mia madre e mia nonna. Nel Novembre del 2020 mia nonna alla veneranda età di 98 anni se n’è andata e, per quanto fossimo preparati, ci ha effettivamente cambiati a livello personale. Poco prima, nel Settembre dello stesso anno, anche il mio cagnolone Attila, dopo 12 anni, ci ha lasciati. Sono rimasto io con mia madre e la mia musica. Tante persone si sono allontanate, e forse è stato meglio così, ci sono però per fortuna tante persone che mi vogliono bene e che mi danno sempre e continuamente una mano a superare i brutti momenti (qualora ce ne fossero). Sicuramente questo periodo non ha aiutato nessuno di noi, ma voglio e devo essere convinto che ne usciremo tutti più forti!

“Eye of a desperate soul” sembra rispecchiare un discorso introspettivo rivolto esclusivamente al proprio Io: c’è un insegnamento che ti ha lasciato l’esser riuscito a pubblicare questo album?

Avrei potuto rispondere con un discorso enorme, però dirò solo questo: per rivolgersi al proprio Io, spesso e volentieri ci vuole un qualcuno che ci aiuti. Ci sono persone fidate che considero più che fratelli che hanno collaborato a questo album e allo stesso tempo mi hanno sempre dato una mano a prescindere dalla musica cito Matyah (Mattia Uldanck), Federico Morittu e Antonio Fortunato; così come Fabrizio Zara, il chitarrista con cui collaboro da 8 anni ormai, e seppure non sia in quest’album, è ugualmente diventato parte della mia famiglia.

Quest’album mi ha insegnato quello che tutto il mio percorso di vita sino ad ora mi ha voluto mostrare: bisogna essere forti da soli, ma la collaborazione è davvero fondamentale!

a cura di
Ilaria Rapa

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