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“Nebbia” nuovo singolo di Olita tra riflessioni e tormenti

È uscito il 19 febbraio il terzo singolo nel quale Olita riesce a fondere il cantautorato con l’indie, trovando così la sua dimensione ideale. Dopo l’esperienza con la “Marco Olita Band” e un periodo vissuto in Belgio torna in Italia. Qui, ascoltando il consiglio dell’amico Gabriele Roia, oggi bassista di Gazzelle e Reclami, si avvicina all’indie pubblicando nel 2020 “Vuoi vedere” e “Forse no”. Oggi con “Nebbia” Olita conquista l’ascoltatore con immagini che evocano riflessioni e tormenti che tutti abbiamo, almeno una volta, vissuto nella nostra vita. Un testo poetico si mescola ad un sound che richiama De André, sempre molto attuale.
Lo abbiamo contattato per voi, ecco come ha risposto alle nostre domande.

Olita Ph. Gianpaolo Valente
Ciao Olita, benvenuto qui a Posta Indipendente! Per rompere il ghiaccio vorrei chiederti: cosa voleva fare Marco da bambino? C’è sempre stata la passione per la musica?

Ciao e grazie a voi per avermi dedicato questo spazio! La passione per la musica c’è sempre stata, ma l’intenzione di volerlo fare da grande è arrivata verso i 17/18 anni.

Leggendo la tua biografia mi sembra di capire che De Andrè sia stato fondamentale nella tua crescita, rappresentando anche un po’ una guida nel tuo percorso di cantautore. A quale canzone di De Andrè sei più legato?

De Andrè ha un fascino tutto suo, è poetico e dolce ma anche arrogante e presuntuoso (attraverso le sue canzoni, chiaramente). Non ho una canzone preferita, ne sua e ne di altri artisti. Mi piacciono le correnti in generale e le parole che le portano. Direi che sono molto affezionato al suo periodo con la PFM, dato che riesco ad apprezzare anche i virtuosismi strumentali, ma amo molto anche l’album “Rimini” e “Non al denaro non all’amore ne al cielo”.

Negli ultimi anni hai vissuto in Belgio. Cosa ti ha insegnato quest’esperienza come cantautore? Pensi che fare concerti all’estero sia più semplice o più complicato rispetto all’Italia?

L’esperienza all’estero ti insegna a rispondere alle difficoltà e a confrontarti con altri e con te stesso. Dal punto di vista cantautorale trovo storie nella vita di tutti i giorni, perciò non fa molta differenza il posto in cui sono. Fare i concerti all’estero è come in Italia, sembra che ne fai di più perché esci dalla confort zone e devi farli se vuoi riuscire a vivere di questo, ma trovare concerti è uno sbattimento esattamente come in Italia.

Parliamo del tuo nuovo singolo uscito il 19 febbraio dal titolo “Nebbia”. Una storia d’amore che purtroppo è giunta al capolinea. Le parole che usi per descrivere la situazione sono molto semplici e chiare, non si possono fraintendere. Penso che la maggior parte delle persone si possa ritrovare in questo brano, tutti prima o poi soffriamo per amore (purtroppo). La storia che racconti in “Nebbia” l’hai vissuta in prima persona?

Innanzitutto grazie! Quello che mi piace trasmettere è anche la trasparenza con la quale si possono descrivere le cose. Nebbia è una storia ispirata ad un racconto che mi hanno fatto, perciò non l’ho vissuta in prima persona.

Ascolta “Nebbia” su Spotify
La frase che più mi ha colpito è quella sul finale di “Nebbia”. “Ora è nebbia e non Ci vedo più”. So che anche a te piace molto, ti va di raccontarcela?

Certamente! Mi piace giocare con le parole e in questo caso c’è “ci” che ha un doppio significato : il primo è quello più semplice e immediato e cioè che siccome ora c’è questa nebbia, non ci vedo più. È esattamente l’effetto che fa la nebbia. Io però l’ho scritto maiuscolo e questo ovviamente le persone non possono saperlo. Se scrivo “Ci” implico che non vedo più noi, ad esempio : Non Ci vedo più bene insieme, mi dispiace. Quindi scrivo “e c’era il sole sul nostro cammino, che ora è nebbia e non Ci vedo più”. In questa maniera immagino queste due persone con una vita sorridente che si è rabbuiata in seguito a qualcosa e che forse ora non funziona più.  

“Nebbia” è il terzo singolo lanciato nell’ultimo anno in italiano. Prima di intraprendere l’esperienza di cantautore in italiano scrivevi molto in inglese. Cosa ti ha spinto a cambiare? Con quale delle due lingue ti senti più confident e pensi di riuscire ad esprimerti al meglio?

Sono due tipi di scrittura differenti perché le lingue sono molto differenti! L’inglese è più immediato e diretto, non si gira molto intorno alle cose astratte o figurative. Mi piace molto! D’altro canto sono un grande fan della poesia e della poetica e, non me ne vogliano gli altri paesi del mondo, non c’è lingua più bella dell’italiano per fare poesia.  Io ho sempre scritto delle poesie e dei sonetti, e sono le scritture che scavano nella mia parte più intima. Direi che riesco a essere me stesso al 100% in italiano, ma non mi dispiacerebbe fare dei dischi in doppia lingua come è solito fare Zucchero Fornaciari, ad esempio.

Per concludere, ti va di svelarci un tuo desiderio per il futuro?

Beh mi piacerebbe molto arrivare a suonare sui palchi belli, quelli che solo il nome del posto ti fa venire un brivido lungo la schiena.

“La strada è lunga ma ne vedo la fine” – De Andrè, Avventura a Durango. Direi che questa citazione racchiude il mio desiderio di crescere avendo sempre bene in mente l’obiettivo.

Grazie! Grazie a te e a tutti i lettori che vi seguono! Vi abbraccio!

a cura di
Ilaria Valsecchi

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